domenica 28 dicembre 2008

Questione morale, giustizia, e il PD

Due settimane fa il sindaco di Pescara è stato messo agli arresti domiciliari con l'accusa di concussione. Il sindaco si è dimesso. Dopo 10 giorni il giudice ha tolto gli arresti perché "è venuto meno il pericolo di inquinamento probatorio". Veltroni allora ha definito il comportamento dei magistrati "gravissimo".

Rilevo che: (1) le accuse al Sindaco sono ancora tutte in piedi; (2) nessuno ha obbligato il sindaco a dimettersi, salvo la decenza, e valutazioni di opportunità politiche. (3) Pochi giorni prima, quando era finito sotto indagine il figlio di Di Pietro (nelle telefonate intercettate alcuni mariuoli progettavano di avvicinarlo per tentare di coinvolgerlo: il giudice ha quindi deciso di indagare per vedere se per caso erano riusciti a coinvolgerlo; finora non è emerso nulla). Di Pietro aveva preso una linea opposta: "i giudici vadano avanti con le indagini".

Personalmente ho apprezzato la posizionie di Di Pietro, e sono rimasto shoccato da quella di Veltroni. Se Veltroni voleva aprire una questione politica sui rapporti fra politica e magistratura, il modo peggiore per farlo era quello di difendere un PROPRIO inquisito: ha prestato così il fianco all'ironia della destra. Inoltre, è la prima volta che un leader di centro-sinistra scende in campo contro i magistrati per difendere un politico inquisito del proprio partito: una innovazione di cui non si sentiva l'esigenza.

Quanto alla riforma della giustizia, penso che: (1) La riforma dei rapporti fra politica e magistratura non sia urgente; (2) Le priorità siano invece: ridurre i tempi e i costi per il cittadino dei processi; (3) Il rapporto fra politica e magistratura, se proprio lo si vuole riformare, passa per limiti più stringenti alla pubblicità dei provvedimenti giudiziari, non per la politicizzazione della magistratura. Rinvio all'intervento di Palamara (vedi Home Page del sito, convegno del 4 ottobre 2008) per approfondimenti.

Termino con una frase di Scalfari: "La corruzione italiana è un fenomeno che deriva direttamente dall'esistenza di una classe dirigente barricata a difesa dei suoi privilegi, dall'appropriazione delle risorse pubbliche da parte dei potenti di turno... Infine, in assenza di una legalità riconosciuta, dalla necessità di supplire a quell'assenza con la corruzione spicciola, necessaria per mitigare l'arbitrio..." Questa è anche la mia convinzione.

lunedì 22 dicembre 2008

La direzione del PD - interventi

Qui i video degli interventi all'ultima Direzione Nazionale del P.D.:
http://www.radioradicale.it/scheda/269309 Il mio intervento è il penultimo.

sabato 20 dicembre 2008

La mozione alla direzione del Pd

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La relazione di Veltroni (http://www.corriere.it/politica/08_dicembre_19/direzione_pd_veltroni_f145754c-cdaf-11dd-af32-00144f02aabc.shtml) ha introdotto importanti innovazioni programmatiche in materia di economia, welfare, contratti salariali, e per una "Legge sulla democrazia dei Partiti", che accolgono alcune idee per le quali ci siamo battuti da un anno in qua.

Ma è facile "aprire" sul programma quando si è all'opposizione. Il tema vero della riunione era il Partito Democratico, sul quale Veltroni fa un passo avanti e due indietro. Primarie aperte vere, funzionamento democratico degli organi del partito, apertura alle associazioni e alle intelligenze della società civile: su questi punti gli oligarchi del partito non hanno intenzione di aprire. Anche sulla questione morale prevale ancora una risposta "caso per caso", come se la corruzione non fosse figlia di un sistema e di una prassi di violazione delle regole che comincia nello stesso PD. Come se "un grande partito riformista" non avesse il compito di proporre una vasta riforma dei meccanismi del potere che generano la corruzione nel settore pubblico.

In questo quadro, un piccolo risultato politico c'è stato: in dieci abbiamo presentato la mozione qui sotto. E' forse l'embrione di una alternativa sia al "restiamo in mezzo al guado" di Veltroni, sia al "torniamo indietro" di D'alema. Peccato che, al momento del voto, sono rimasto il solo in Direzione a votare "no" alla relazione di Veltroni.


MOZIONE

È un momento difficile per il Partito Democratico e per il suo progetto. Le sue difficoltà si riassumono nella distanza fra le intenzioni di rinnovamento, democrazia, partecipazione alla base del progetto originario ed effettiva costruzione del partito dalle primarie del 2007 ad oggi. Chiediamo che oggi il PD riparta da quelle intenzioni, offrendo ai propri elettori garanzie capaci di ricostruire un rapporto fortemente compromesso: le persone affezionate alle sorti della sinistra in Italia si sentono travolte e spaesate e percepiscono come sempre piú ampia la distanza tra fiducia accordata un anno fa e immagine attuale del partito: apatico, inefficace, governato da egoismi e dissensi personali e di corrente. Non è questo il PD per il quale hanno votato, non è quello che doveva e deve essere. Il PD non deve essere un cappello di rinnovamento appoggiato su strutture, meccanismi e politiche ereditate da altri partiti, altre storie, altri tempi. Non deve essere un organismo ancora centralista e sempre meno democratico. Non deve essere la ripetizione di schemi anacronistici e perdenti. Se oggi c’è una questione morale nel PD, è quella di far bene, democraticamente, una politica di sinistra, raccogliendo il consenso degli elettori grazie a un progetto efficace e vincente: è la cattiva politica ad alimentare la corruzione, è quella buona a tenerla lontana. Per queste ragioni

Chiediamo una discussione sull’attuale governo del partito, attualmente affidato a due soli organismi (coordinamento e governo ombra) integralmente nominati dal segretario, però sulla base di spartizioni ed equilibri correntizi.

Chiediamo che sia rivalutata e utilizzata l’assemblea; e che eventuali modifiche allo statuto siano comunque discusse solo attraverso l’assemblea.

Chiediamo la democrazia interna, l’organizzazione e l’avviamento di strutture intermedie e territoriali. Chiediamo, cioè, che siano rispettati statuto e codice etico del PD, spesso violati o ignorati: organi (come questo) convocati senza ordine del giorno, in orari spesso insostenibili; conflitti d’interesse piccoli e grandi.

Chiediamo che sulla prossima scadenza elettorale –le europee– la volontà di rinnovamento e di costruzione di una nuova classe dirigente passi attraverso due scelte chiare e visibili:

1) Mantenere le preferenze, rifiutando qualunque modifica all’attuale legge elettorale tale da limitare la scelta dei candidati da parte dei cittadini.

2) Evitare pensionamenti eccellenti selezionando candidati giovani sulla base di competenze e capacità da mettere alla prova della politica europea.


Chiediamo che il PD resti fedele alla scelta delle primarie, che rinneghi le sventate marce indietro delle ultime settimane, garantendo forza e legittimazione popolare ai propri leader e candidati. In nome di questa legittimazione chiediamo a Walter Veltroni che trovino in lui condivisione e garanzia le nostre richieste, comuni ai molti che in questi mesi hanno cercato invano di riconoscere nell’immagine pubblica del PD e nelle sue scelte il progetto in cui hanno creduto e tuttora vogliono credere.


Mario Adinolfi, Giovanni Bachelet, Olga Bertolino, Cristina Comencini, Pier Giorgio Gawronski, Teresa Marzocchi, Nando Dalla Chiesa, Giulio Santagata, Martina Simonini, Luca Sofri

lunedì 15 dicembre 2008

La sconfitta in Abruzzo

Il risultato elettorale dell’Abruzzo, catastrofico per il PD, segnala l’urgenza di un cambio della linea politica del partito. Veltroni tenterà di attribuire alla “questione morale” tutta la colpa: un altro modo per scaricare su “altri” le responsabilità. Che in passato furono scaricate su Prodi, o sulle presunte “divisioni” del partito. Ma in realtà è tutta una linea politica che viene bocciata una volta di più dagli elettori del PD. Che da ormai un anno stanno attuando uno “sciopero del voto”. E paiono (per fortuna) decisi a continuare fintantoché il Partito Democratico non vorrà prendere atto delle istanze della sua base naturale, il popolo liberal-democratico e di sinistra.

In questo ultimo anno e mezzo ho fatto il possibile per avvertire il partito che era su una strada sbagliata. Veltroni è rimasto in mezzo al guado, ha promosso un cambiamento di facciata: gli altri non contano nulla perché o sono Uomini strettamente controllati da Veltroni, oppure sono stati esclusi da ogni reale funzione. Alla Direzione Nazionale del 19 Dicembre proporrò nuovamente un cambiamento di linea radicale.

Il partito Democratico non è affatto democratico, e questo non è accettabile. L’ipocrisia di questa situazione (primarie finte; uno Statuto che blinda le oligarchie; Comitati dei “Garanti” inesistenti o non funzionanti; moltissimi circoli controllati dai “capi-bastone”; ecc.) fa infuriare gli elettori. Occorre una ripresa della fase costituente.

Il partito Democratico non ha un progetto paese, e questo non è accettabile. Anche perché fra gli intellettuali democratici del nostro paese le linee di questo progetto-paese ci sono eccome! Ma l’oligarchia del Partito Democratico tiene lontano gli intellettuali e i tecnici, la gente competente e quella capace di progettare il futuro. E non ha intenzione di affrontare la crisi democratica e di governance (diciamo pure: di legalità) che attanaglia il nostro paese, perché questo significherebbe rinunciare alla occupazione delle istituzioni e delle funzioni dello Stato da parte dei partiti.

Il partito Democratico denuncia una crisi democratica, ma ha una linea ondivaga e disponibile nei confronti di Berlusconi, perché non ha una visione chiara di dove vuole portare la democrazia italiana. Allo stesso modo, non ha nulla di interessante da dire sulla crisi economica, perché non è un centro di elaborazione delle idee, ma un apparato per la spartizione del potere. E Veltroni è il primo a soffocare il dibattito, accusando i membri del partito di “provocare divisioni” ogni volta che qualcuno tenta di avviare un dibattito o esprime una posizione critica.

Anche sulla questione morale, la posizione di Veltroni (Bindi, Letta) è inadeguata perché punta sull’etica individuale, invece che su una riforma dei meccanismi del potere. Il Partito Democratico non può permettersi un altro crollo alle elezioni europee prima di affrontare le questioni vere. Di questo passo, finiranno per distruggerlo.

lunedì 1 dicembre 2008

"Quelli che vogliono le primarie a Roma"

Questa sera sono stato all'Assemblea autoconvocata ( vedi su facebook il gruppo: "Quelli che vogliono le primarie a Roma") da un gruppo di militanti PD romani per chiedere che il Segretario cittadino sia eletto dai cittadini, con le primarie. Lo statuto nazionale del PD lo prevede; ma "lor signori" hanno fatto in modo di rallentare la promulgazione dello Statuto regionale; in assenza di regole hanno eletto a modo loro il Segretario Regionale (Morassut), e ora si appresterebbero a fare lo stesso con il Segretario cittadino di Roma.

Perché è importante? (1) Perché in moltissimi circoli romani non c'è democrazia, quindi muore la partecipazione, quindi muore il Partito Democratico. Occorre un Segretario cittadino che lavori per la democrazia partecipativa, invece che per soffocarla. (2) Il senso di inutilità e di noia che pervade chi si avvicina al PD si vince solo se si conta qualcosa: per questo le primarie sono importanti.

L'Assemblea degli autoconvocati è stata molto serena. Ogniuno parlava massimo due-tre minuti. Molte associazioni sono intervenute. Giachetti è stato molto lucido; idem Daniele Mazzini (di "Primarie vere, primarie sempre"), che sta emergendo in tutta umiltà come un credibile leader (per ora) locale del PD romano. Infine, mi ha colpito l'intervento di uno che ha detto che noi cittadini siamo stati troppo gentili con i leader della DC e del DS , gentilezza che ha portato alla fine di quei partiti: non dobbiamo ripetere lo stesso errore oggi con il PD.

martedì 25 novembre 2008

Ricorso ai garanti contro l'elezione del S.R. del Lazio

Al Collegio dei Garanti Regionali del Lazio del Partito democratico
Al Collegio dei Garanti nazionali del Partito Democratico
Roma, 20 Novembre 2008

Egregi Signori,

avendo deciso di valutare con alcuni amici una candidatura alla carica di Segretario Regionale del Lazio (elezione prevista per Domenica 23 Novembre), mi è stato riferito da costoro – e in particolare dai rappresentanti di alcune associazioni - che risultava impossibile ottenere le email dei delegati-elettori, per informarli di questa candidatura. Questi amici si sono rivolti a me per chiedermi se – in quanto membro della Direzione Nazionale – avessi maggiore facilità ad ottenerle. Mi sono pertanto rivolto al partito – alla Segreteria di Nicola Zingaretti – la quale - dopo avermi in un primo momento assicurato che avrei avuto queste emails nel giro di poco - mi ha richiamato per informarmi – “dopo un confronto con Nicola Zingaretti” – che queste emails non mi sarebbero state date. Né siamo riusciti a procurarci queste emails altrimenti.

Questa presa di posizione di Zingaretti causa la impossibilità - o perlomeno una enorme difficoltà - a svolgere il lavoro politico ordinario, e mette in posizione di oggettiva difficoltà i candidati diversi da Morassut che volessero presentarsi. Ricordo peraltro che i membri della Direzione Nazionale hanno tutti le emails dei propri colleghi, e che mai si è posto un problema – evidentemente specioso - di “rispetto della privacy”.

Ad aggravamento di ciò, giungono in queste ore ai delegati del Lazio emails da parte degli “amici di Morassut”, che fanno campagna elettorale, inviano articoli di Morassut, ed invitano a votare a favore di questo candidato.

Da tutto ciò si evince che i candidati alla Segreteria Regionale del Lazio non sono messi in condizione di competere in maniera paritaria. Chiedo pertanto a Voi di attuare la vocazione alla vera democrazia che è propria del nostro partito, rassicurare gli iscritti e i militanti su questo punto fondativo e dirimente, annullando qualsiasi elezione che dovesse avvenire il giorno 23 Novembre, rinviando l’elezione del S.R. del Lazio a una successiva occasione, ove tutti i candidati possano interloquire con il corpo elettorale su posizioni di parità.

Ricordo infine che la scorsa estate era stato deliberato di eleggere il S.R. del Lazio tramite le primarie, e che il sovvertimento di quella decisione non trova validazione alcuna nelle procedure fin qui seguite. Anche per motivi politici, per coerenza con il DNA del nostro partito, gradirei molto se Voi riteneste opportuno di richiamare gli organizzatori dell’Assemblea Regionale del Lazio alla opportunità di eleggere il S.R. tramite la più ampia partecipazione possibile “dei cittadini e degli iscritti” (Art.1 dello Statuto Nazionale). Ricordo infatti che gli iscritti hanno pagato per la loro iscrizione al PD, e che in cambio avevano avuto la promessa di partecipare alle elezioni delle cariche del partito: disattendere oggi questa promessa sarebbe cosa inopinata.

Cordiali Saluti


PierGiorgio Gawronski

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Oggetto: Ricorso per la invalidazione dell'elezione di Morassut a SR del Lazio
24-11-08
>Ai Garanti regionali del Lazio del P.D.
>Ai garanti nazionali del PD (Berlinguer)
>
>
>Egregi Signori,
>
>ad integrazione del ricorso presentato alcuni giorni fa sulla
>irregolarità della elezione del SR del Lazio, metto a Vs disposizione
>i seguenti ulteriori elementi.
>
>1) mentre ai delegati, membri dell'Assemblea del Lazio, venivano
>negate (come ho verificato personalmente) le emails dei loro colleghi
>delegati, elettori del S.R., nei gg precedenti l'Assemblea Regionale
>del 23 Novembre agli stessi delegati giungevano emails come quella qui sotto riportata, che li informavano in anticipo della candidatura di
>Morassut, e incitavano a venire e a votare per lui.
>
>2) le modalità di svolgimento dell'Ass.Reg del 23/11 hanno confermato
>ancora di più la mancanza di pari opportunità per i potenziali
>candidati:
>a) Nella mattinata non è stato consentito presentare ai delegati ipotesi di candidatura, per chiedere le loro firme, necessarie per avanzare la candidatura stessa. Non è neanche stato possibile intervenire per parlare di politica. Gli unici interventi ammessi erano quelli sugli emendamenti al regolamento. Solo DOPO che un potenziale candidato avera raccolto le firme necessaria fra i delegati, poteva presentarsi all'Assemblea e spiegare i motivi della sua candidatura. E solo DOPO i delegati potevano intervenire su argomenti politici, che sono poi fondativi di una candidatura. Pertanto, fino a che la candidattura non era stata presentata con le firme di 38 delegati, ufficializzata, nessun candidato ad eccezione di Morassut ha potuto informare i delegati della propria disponibilità a candidarsi.
>b) Morassut è risultato essere cnadidato unico: una situazione
>evidentemente patologica per qualsiasi processo democratico. Altri
>candidati potenziali hanno rinunciato ad avanzare la propria
>candidtura, non essendoci una sede appropriata ed essendo plateali le
>differenti opportunità offerte a Morassut. Bachelet ha a sua volta
>tentato di raccogliere le firme necessarie ma, dati i meccanismi in
>atto, non è riuscito.
>c) Molti delegati non sono venuti all'Assemblea: sono proprio quelli
>che rappresentavano lo scontento nei confronti di Morassut e che,
>vedendo attraverso le emails che c'era solo Morassut candidato, non
>hanno avuto incentivi a partecipare.
>
>Quanto sopra evidenzia e dimostra la tesi del pricorso inoltrato nei
>gg precedenti il 23/11 dal sottoscritto, e cioè l'assenzza di pari
>opportunità fra i candidati a SR del Lazio, e la necessità di
>invalidare l'elezione avvenuta lo scorso 23/11. E' opportuno
>sottolineare che i fatti presentati sono pacifici; e non fanno rif.to
>alcuno alle motivazioni e alle intenzioni di Zingaretti o di altri
>dirigenti del Partito, sulle quali questo ricorso rimane strettamente
>agnostico e neutrale.
>
>A quanto sopra, vorrei aggiungere una breve considerazione politica,
>tuttavia strettamente attinente al ricorso in oggetto. Potrebbe
>sembrare a Voi Garanti che l'annullamento dell'elezione di Morassut,
>confermando la debolezza del processo democratico in atto nel nostro
>partito, possa gettare discredito sul PD, anche sul piano mediatico.
>Questo timore potrebbe quindi inopinatamente influenzare il Vs
>giudizio. Contro questi timori mi sia consentito di sostenere che un
>Vs accoglimento di questo ricorso - indicando la ferma volontà di
>costruire processi democratici autentici e non solo "formalmente
>democratici" - sarebbe come una boccata d'aria fresca per tutto il
>partito, i cui elettori ed anche attivisti si stanno ribellando ad una
>democrazia "svuotata di contenuti", come dice Veltroni a proposito
>della democrazia italiana. Questo è il Vs compito storico: difendere
>non vuoti riti, ma la reale partecipazione democratica - cioè le pari
>opportunità dei candidati: non mancate!
>
>Distinti Saluti


Allegato:


>> ---------- Messaggio inoltrato ----------
>> Da: Associazione Monbilit@s
>> Date: 18 novembre 2008 18.43
>> Oggetto: Il Lazio ha bisogno del PD!
>> A: newsletter@mobilitasnews.info
>>
>>
>> IL LAZIO HA BISOGNO DEL PD!
>>
>>
>> COSTRUIAMOLO INSIEME A ROBERTO MORASSUT!
>>
>> ASSEMBLEA REGIONALE DEL PD
>> DEL LAZIO
>>
>> DOMENICA 23 NOVEMBRE 2008 ORE 9,30
>> HOTEL ERGIFE VIA AURELIA 619 ROMA
>> LE ASSOCIAZIONI:
>> LE ALI DI ROMA
>> MOBILIT@S IDEE IN MOVIMENTO
>> AMICI DI ROBERTO

domenica 23 novembre 2008

DIMISSIONI DALLA DIREZIONE NAZIONALE PD

Caro Walter,
ti scrivo perche’ ho deciso di dimettermi dal Coordinamento Nazionale del Partito Democratico. Una scelta non facile che nasce dall’esperienza di quest’ultimo anno e dai dubbi crescenti sulla capacita’ del PD di proporsi come forza riformista e innovativa, come aveva detto di voler fare un anno fa. Un’obiettivo ambizioso al quale avevo aderito con entusiasmo e che ora faccio fatica a riconoscere in questo partito, in numerosi ambiti. Dalle posizioni ambigue su importanti temi etici e valoriali, alla gestione di processi politici locali e nazionali, ma soprattutto alle posizioni in quegli ambiti piu’ cruciali per la crescita del paese: istruzione, ricerca e innovazione. Era su questi temi che coltivavo le aspettative maggiori verso il PD. Ero stata molto delusa dalle politiche del Governo Prodi, ma speravo che con il PD si aprisse una stagione nuova, fatta di elaborazione di idee e proposte significative. Di fronte alle posizioni del PD su questi fronti non posso che essere sconcertata. Non ho visto nessuna proposta incisiva, se non “andare contro” la Gelmini. Peraltro tra tutti gli argomenti che si potevano scegliere per incalzare il ministro sono stati scelti i piu’ scontati e deboli. Il mantenimento dei maestri, le proteste contro i tagli, la retorica del precariato, tutte cose che perpetuano l’immagine della scuola come strumento occupazionale. E’ questa la linea nuova e riformista del PD? Cavalcare l’Onda non basta. Serve una proposta davvero nuova, che ribalti certe logiche di funzionamento anziche’ difenderle. Ma non ho visto niente di tutto questo.
La mia delusione e’ tanto piu’ forte quando penso alla propaganda fatta un anno fa riguardo all’apertura a idee nuove, quando penso alle molte persone provenienti da ambiti professionali qualificati che si erano avvicinate al progetto del PD e che avrebbero potuto portare un contributo in termini di idee e innovazione. Che fine hanno fatto queste persone? Quali nuove modalita’ di coinvolgimento e ricambio ha creato il Partito? Io stessa, che ero stata contattata (cosi’ mi era stato detto) per le mie competenze “tecniche”, in un anno di vita del PD non sono stata consultata mai nemmeno per un parere. Questa emarginazione non ha certo offeso ne’ me ne’, credo, le altre persone gia’ molto impegnate fuori dalla politica. Mi chiedo pero’ come mai, un anno fa, ci era stata chiesta una collaborazione con tanto apparente entusiasmo quando evidentemente di questa collaborazione non c’era bisogno. Mi chiedo se era necessario fare tanto chiasso sul ricambio generazionale quando basta guardare chi sta ancora in cabina di regia per capire che, in fondo, non e’ cambiato niente.
Inneggiare al cambiamento, all’idea di una societa’ e di una politica nuove serve a poco se manca il coraggio di intraprendere fino in fondo le azioni necessarie a realizzare queste idee. Sartre diceva che noi siamo quello che facciamo. Sono le nostre azioni che ci definiscono, stare a discutere su cio’ che ci piacerebbe essere serve a poco: la gente ci giudichera’ per quello che abbiamo fatto. E di quello porteremo la responsabilita’. Per quanto mi riguarda non voglio portare la responsabilita’ delle scelte che sta facendo questo partito che in larga parte non condivido e sulle quali non ho avuto e non ho possibilita’ di incidere in alcun modo. Per questo ho deciso di dimettermi.
Irene Tinagli


Cara Irene,
secondo me fai benissimo. A prendere atto dei tuoi errori. Che ti eri sbagliata. Che avevi dato la tua fiducia alle persone sbagliate. E' un primo passo. Ma non basta. Non ti basterà. Non potrai accettare a lungo di restare una "sconfitta".
Io, poi, sono un po' stufo di quelli che si lamentano che le cose non vanno e... basta. I vari Santoro... Voglio dire che la soluzione ci sarebbe. Guarda gli USA. Il 4/11/08, 2,5 milioni di americani hanno portato - loro! - il cambiamento al vertice del paese. Come ci sono riusciti? Appoggiando un candidato. Un outsider. Semplice. Uno che è sceso in campo contro i politici "storici", che parlano di cambiamento ma non sanno neanche immaginarlo, progettarlo. Uno che non si pensava proprio che potesse farcela.
Di Obama in Italia, ne sono sicuro, ce ne sono tanti. (Qui è solo unpo' più difficile emergere che negli USA perché temo che abbiamo perso al 90% la democrazia, e non certo per colpa solo della destra, come dicono i ns leaders). Ma potremmo ancora salvarci. Bisogna solo appoggiare i candidati giusti. Outsiders. Quelli che sembra impossibile che possano farcela. Ma che hanno un progetto, propongono un cambiamento vero. Purtroppo invece noi italiani abbiamo poca fede: "non si può fare!. Non ce la faremo mai!". E allora andiamo dietro ai potenti... e ai figli della cooptazione. Poi restiamo delusi, e ci uniamo nel dire che tutto fa schifo; produciamo documenti noblili, dichiarazioni... che incidono zero. Mentre 250$ dati dalla vecchina al candidato giusto sono più utili... E se c'è un candidato che si batte per il cambiamento, per la democratizzazione e per la valorizzazione delle competenze (anche esterne ai partiti), che rifiuta la scorciatoia della cooptazione (in Parlamento come altrove), gli troviamo mille difetti (magari veri: chi non ne ha? Ma che importa?Obama non era "troppo nero" per vincere?), cui sommiamo invidie,ripicche, piccoli e antichi malintesi... e ci dividiamo, ci disperdiamo nel nulla. Mentre chi fa politica per il proprio tornaconto non ci pensa due volte: si candida, chiede i voti, prende il potere... [Anche le prime donne tra i rinnovatori non mancano, quelli che "io prima di tutti e a qualunque costo", anche a costo di trascinare tutto il fronte dei "democratici davvero" nel lorofallimento.] Per questo perderemo sempre. E la deriva anti-meritocratica continuerà; alimentata da chi si appropria abusivamente degli slogan (solo quelli e poco altro) del cambiamento, della democrazia, del merito, e della modernità. Con tutti gli auguri del mondo, e grato per le due parole che ci siamo scambiati in D.N.
Tuo
PierGiorgio Gawronski

giovedì 20 novembre 2008

L'elezione del Segretario regionale del PD

Domenica 23 Novembre all’Hotel Ergife l’Assemblea Regionale del PD del Lazio si riunisce per eleggere il Segretario Regionale del partito. Si tratta di una figura non secondaria, visto che – tra l’altro – controlla risorse finanziarie e umane, ha un ruolo importante nella scelta delle candidature (quindi nella selezione della classe politica), ecc. Io penso di intervenire.

C’è un solo candidato: Morassut. E’ il frutto di un accordo al vertice (dietro le quinte) fra ex DS e ex-Margherita (a questi ultimi l’accordo assegna, con Milana, il posto di coordinatore dei circoli di Roma). Nessun altro potenziale candidato ha finora ritenuto che fosse possibile lottare ad armi pari con Morassut. Il quale comunque non sarà eletto con elezioni primarie, come si era in precedenza stabilito, perché le componenti del partito che hanno siglato questo accordo di spartizione hanno rallentato i lavori della Commissione incaricata di approvare il regolamento delle primarie, consentendo al Presidente Zingaretti di dichiararle “impossibili”. In realtà si punta - restringendo la partecipazione - a evitare le possibili sorprese che ogni tanto la democrazia produce. Ho pertanto sottoscritto un appello dell’On. Giachetti, che sta chiedendo le primarie con uno sciopero della fame (metodo esagerato, ma fine giusto). A scanso di ulteriori equivoci, solo Morassut e/o i suoi amici hanno la possibilità di inviare email ai membri dell’Assemblea Regionale - i grandi elettori, appunto - perché Zingaretti ha negato a tutti gli altri l’elenco di queste email. I “grandi elettori” quindi non sapranno fino a domenica se c’è un altro candidato. Per questo motivo, ho inviato oggi una lettera ai “Garanti” (vedi commento1), chiedendo di rinviare l’elezione ad un’altra occasione, nella quale tutti i candidati abbiano pari opportunità.

Risalta in queste ore anche la debolezza della c.d. “società civile” - cioè del fronte di coloro che vorrebbero democratizzare il partito. La maggioranza di costoro si trastulla nella produzione di nobili documenti ed appelli (per il più bello di questi, v. Commento2) destinati ad avere effetto prossimo allo zero, invece di convergere su un candidato che rappresenti le loro posizioni e battersi. Mentre 2,5 milioni di americani, unendosi, sono riusciti a portare - con Obama - il cambiamento al vertice della nazione, noi non riusciamo ancora neanche a convergere sul candidato Segretario Regionale del PD. L’invidia per chiunque si renda disponibile alla candidatura (e al conseguente duro impegno), le piccole rivalità ed antipatie personali fanno regolarmente premio sulla coesione. E con i “bindiani” (Giovanni Bachelet in testa, mi duole scriverlo) nel ruolo più ambiguo di tutti: quello - mosso sempre dalle ambizioni personali - di chi si esprime con un accattivante linguaggio di “fronda” nei confronti degli apparati, per poi regolarmente affossare qualsiasi candidatura “libera” stia emergendo che non sia dei loro, preferendo piuttosto annunciare il voto di scheda bianca.

Per parte mia, appoggerò qualsiasi candidato che si presenti con un programma credibile di liberalizzazione, apertura e riqualificazione del partito nel Lazio. Bachelet compreso. Se non ci uniamo tutti in un'unica battaglia per il cambiamento - dietro agli stessi candidati - continuerà la deriva del partito (e del paese).

mercoledì 19 novembre 2008

Vivendo all’estero da tanti anni non ho piu’ gli anticorpi che mi immunizzano dagli effetti della TV italiana. Pensavo pero’ di potermi ogni tanto concedere almeno una mezz’oretta di podcasting da Repubblica TV senza rischiare eczemi da “Porta a Porta” o una crisi di nausea da “Ballaro’”.

E invece non ho avuto fortuna. C’era una trasmissione su Saviano, in particolare sulla sua decisione di trasferirsi all’estero perche’ la sua incolumita’ non poteva essere garantita o quantomeno perche’ la vita gli sta diventando impossibile a causa delle minacce dei casalesi. La provincia di Caserta e’ a poche decine di chilometri da dove sono nato quindi cio’ che succede li’ mi colpisce direttamente.

Da illuso mi aspettavo un colpo di reni delle istituzioni, un po’ di solidarieta’ dalla cosiddetta societa’ civile, al limite un rappresentante del governo che si impegnasse a fare qualcosa di piu’ che mandare qualche marmittone a prendere il sole nelle strade di Castel Volturno (o la pioggia a seconda delle stagioni).

Alla trasmissione invece partecipava uno di quelli che si fregiano del titolo di “rappresentanti delle istituzioni”. Un alto funzionario di polizia campano di cui taccio il nome per carita’di patria e perche’ comunque non e’ una questione di persone ma, come dire, di humus culturale. Certo da un collega dei picchiatori della Diaz, non mi aspettavo chissa’ quale sfoggio di dirittura morale, ma almeno un po’ di decenza in pubblico, quella si.

Invece sapete qual era il problema per questo ineffabile rappresentante delle (sedicenti?) istituzioni? Il problema era che Saviano si era “sovraesposto”. Un illuso che vive all’estero senza piu’ gli anticorpi per guardare la TV italiana avrebbe pensato che il problema fosse la camorra, la contiguita’ con le istituzioni (chissa’ se conosce il nome di un tal Cosentino questo integerrimo tutore dell’ordine), la polizia che nei territori dei casalesi (e in tanti altri, a Scampia, tanto per fare un altro esempio) non mette piede.

No ovviamente. Il problema per la polizia e’ che Saviano abbia scritto un libro di successo, che vada in giro a denunciare le porcherie che ha visto e che per di piu’ la gente si indigna chiedendo alle istituzioni di intervenire, non di continuare nel quieto vivere. E magari i poliziotti sono persino costretti a dover uscire dai commissariati, invece di dedicarsi semplicemente a stampare i passaporti o ad archiviare le denunce.

E la cosa ancora piu’ stupefacente per chi difetta di anticorpi e’ che i giornalisti “de sinistra” di Repubblica in video con le loro giacche di buon taglio e le camice bianche inamidate, trovano queste argomentazioni perfettamente accettabili. Nessuno che incalzi l’alto funzionario di polizia e gli spari in faccia: “Ma si rende conto di quello che sta dicendo? Invece di contrastare la criminalita’ organizzata, lei biasima la vittima?”. Le grandi firme di un giornale di (sedicente) opposizione non fanno una piega. Annuiscono compunti. Loro si che li hanno sviluppati gli anticorpi. Alla legalita’.

Fabio Scacciavillani

sabato 15 novembre 2008

Qual'è la vera emergenza democratica?

Il PD ha votato in passato - con gli altri - la legge che consente ai partiti di ottenere un doppio finanziamento, quando una legislatura si interrompe in anticipo e ne inizia una nuova. La settimana scorsa ha votato contro un emendamendamento di Idv che puntava ad abolire questa norma inopinata.

Il giorno dopo è arrivata la sentenza sui pestaggi al G8 di Genova, che assolve tutti i vertici della polizia. Veltroni ha dichiarato: "E' uno scandalo! Siamo ormai al regime! Non si è mai visto in nessuna democrazia del mondo quello che si è visto ieri! Si riferiva... alla nomina a capo della Commissione di Vigilanza sulla RAI di un parlamentare del PD non concordato fra maggioranza e opposizione. Quando si dice scollamento fra politici e paese reale...

sabato 1 novembre 2008

Endorsement per Obama

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Obama Barak dovrà guidare gli USA; e dovrà guidare il mondo. Negli USA, Obama è soprattutto la speranza di un riequilibrio sociale, una economia sostenibile, un governo onesto (video). Per noi è la speranza di un governo della globalizzazione.

Politicamente, Obama non potrà esibire (e non dovrà cercare) risultati rapidi ed eclatanti. Perché negli ultimi otto anni gli USA si sono indeboliti, e i problemi globali si sono aggravati: come in una partita a scacchi, quando la tua posizione è debole, prima di lanciarti all'attacco devi consolidarla gradualmente, con un lavoro oscuro.

Questo è un sintetico bilancio di Gorge W. Bush. L’esercito USA si consuma da anni in Iraq, mentre AL Qaeda si riorganizza in Afghanistan. Il debito pubblico USA è salito dal 57% al 69% del PIL; lo Stato americano ha meno risorse. L’economia USA si è indebolita: lo Stato americano ha basi meno solide per estrarne risorse per le sue politiche globali. Gli squilibri sociali USA sono peggiorati: lo stato deve impiegare risorse per rilanciare un minimo di welfare. La reputazione americana nel mondo è crollata (si pensi alle torture di Abu Ghrabi): è più difficile per un presidente USA ottenere alleanze, appoggi internazionali. Ecc. ecc. (Una sintesi critica dei primi sei anni dell’Amministrazione Bush qui).
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Intanto, i problemi globali si sono aggravati. Il pianeta ha continuato a riscaldarsi. Le foreste, le specie animali e vegetali, hanno continuato a sparire. La finanza internazionale è diventata più fragile. La povertà globale ha smesso di ridursi. La proliferazione nucleare ha ripreso vigore. Le Nazioni Unite sono sempre meno capaci di difendere la pace. Il WTO non riesce più a difendere la libertà dei commerci. Ecc. ecc. Insomma, tutta l'infrastruttura istituzionale creata da Roosevelt e Churchill per impedire un'altra catastrofe globale (come quella del 1929-45) mostra crepe ovunque.

Obama potrà provare a invertire i trend globali negativi. Forza Obama! Non voglio neanche pensare che perda.
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Ps: Il giorno dopo: un po' di commenti!!
Quelli che hanno fatto vincere Obama di Maurizio Molinari. La vittoria delle idee intervista con E.J. Dionne Può Obama lanciare un New Deal? di Angel J. Ubide Obama e i dubbi del Vaticano di Massimo Franco. Obama e la Germania: gli scomodi amanti di Veronica De Romanis Il caso americano e l’origine della crisi colloquio con Allen Sinai. Caro Sinai, la crisi viene da lontano la risposta di Paolo Savona.

mercoledì 29 ottobre 2008

Brunetta, i tornelli e la pubblica amministrazione

Speravamo che - dietro la demagogia dei "fannulloni" - un uomo intelligente come Renato Brunetta avesse in mente una strategia sera di riqualificazione della p.a.. La cultura del "tornello" è una idiozia: non siamo più in un mondo "fordista", dove sul tavolo degli impiegati si accumulano quantità di pratiche da evadere, con l'impiegato in perenne ritardo... (i computer si incaricano ormai di fare i lavori ripetitivi). La p.a. è il luogo della progettazione delle politiche, delle Leggi: contano la qualità, la creatiivtà, la competenza. Rinchiudere la gente non dice nulla sulla loro produttività: chi interpreta il posto pubblico come una rendita (circa uno su 30), una volta chiuso dentro, non è detto che lavori di più. E' certo invece - lo sanno bene gli psicologi del lavoro, e lo ha dimostrato Domenico De Masi - che tutti gli altri, che lavoravano in maniera creativa per servire il paese vengono profondamente demoralizzati da una impostazione che non fa leva sulla responsabilità, e tratta la gente come schiavi. Quello che occorre sono Capi Dipartimento veramente qualificati, che sappiano dirigere gli uffici e dare un senso alla presenza dei lavoratori negli uffici. E distribuire gli incentivi non in base alle amicizie politiche, ma al lavoro svolto. Al contrario, questo governo (come gli altri) ha nominato Capi Dipartimento amici dei politici, incompetenti e disinteresati al merito delle questioni. E il Ministro che fa? Rinchiude la gente, come allo zoo, invece di affrontare i problemi veri. Che sono le devastazioni causate dallo spoil system e le migliaia e migliaia di "fannulloni involontari" della p.a.. Caro Ministro, la gente normale ha voglia di lavorare e di essere utile. Sono quelli come Lei che demotivano una istituzione e trasformano gente sana in fannulloni depressi. Lei è la delusione più grande di questo governo.

martedì 28 ottobre 2008

Manifestare contro il D.L. Gelmini

Domani mattina davanti al Senato. Perché ai giovani sono state chiuse in tutti i modi possibili le porte del futuro: non era il caso di tagliare anche la scuola e l'Università

sabato 25 ottobre 2008

Il 25 Ottobre manifestiamo per la democrazia e per la giustizia sociale

Oggi vado a manifestare contro la crisi. Non è vero che il governo sta facendo tutto il possibile per contenerla. Il panico ha contagiato le famiglie, che hanno smesso di spendere: questo mette in crisi le vendite delle imprese, i bilanci delle imprese, e delle banche creditrici. Il governo dovrebbe pertanto stimolare la spesa delle famiglie, non finanziare con soldi pubblici (selettivamente e in modo inevitabilmente politicizzato) imprese che non vendono più i loro prodotti. Come fare?
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Lo stato italiano non ha soldi per aumentare la spesa pubblica. L'unica possibilità di sostenere la domanda aggregata (a parte chiedere un intervento europeo) è dunque trasferire ricchezza da quelli che possono permettersi di risparmiare a quelli che non possono permetterselo. Chiedo al governo di tornare indietro sull'ICI, ristabilire la tassa per i ricchi, le seconde case, ecc. (cioè la situazione che aveva trovato in Maggio); e di usare i fondi per sostenere i redditi bassi, i giovani, gli incapienti. Chiedo inoltre altre misure straordinarie di redistribuzione, finanziate con tassazione "una tantum" dei redditi più alti. Cominciando magari con quelli dei parlamentari. L'egoismo di classe affonda tutti: per una volta, mettiamolo da parte.
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Ma non si può ottenere giustizia, se non c'è una vera democrazia. Per questo dalle 13:00 sarò a Piazza della Repubblica a raccogliere firme contro l'immunità delle alte cariche dello Stato, con il Coraggio di Cambiare, con Arturo Parisi, con quei democratici che intendono battersi per la democrazia.

mercoledì 22 ottobre 2008

Ballarò: liberismo e statalismo si strizzano l'occhio


Immaginate un’automobile che viaggia da Roma a Milano. C’è chi dice: “niente regole, nessuna segnaletica, nessun limite di velocità, chi vuole guida a destra e chi vuole guida a sinistra. Lasciamo gli automobilisti auto-regolarsi senza intromissioni da parte dello stato”. Demenziale, vero? In economia, sono i liberisti. Altri dicono: “Guardate quanti incidenti, quanti morti sulle strade: vietiamo gli spostamenti oltre i 100Km!" Così sono i protezionisti in economia. "O al limite, siamo noi, lo Stato, che deciderà di volta in volta chi può spostarsi e chi no". Sono gli statalisti. Come sempre, gli estremisti si alimentano a vicenda. Quanto più liberismo, tanti più morti, tanto più forte l’impulso a “vietare” gli spostamenti; tanto più soffocanti le restrizioni degli statalisti, tanto più forte l’impulso a cancellare ogni regola.

La crisi finanziaria ha evidenziato il bisogno di regole, non quello di cancellare la finanza. (Emerge anzi che, senza finanza, l’economia reale si ferma. E con essa, a valle, ogni progetto di riforma sociale). L’esperienza del 1930-39 ha evidenziato che un aumento del protezionismo (impedire i commerci, impedire ai mercati di funzionare) è la ricetta ideale per trasformare una crisi bancaria in una catastrofe globale. Esiste dunque una terza via, quella indicata dagli economisti liberal (i premi Nobel Joe Stiglitz, Paul Krugman, Amartya Sen, e il nostro Tito Boeri fra i tanti), che riconoscono sia i limiti del mercato (su cui bisogna intervenire con opportune regole) sia le sue virtù. E’ l’impostazione degli anni 1950-70, che tanto contribuì a creare una società opulenta ma anche pacifica e socialmente equilibrata. Con questa ondata di paura, irrazionalità, e strumentalizzazioni politiche, si fa fatica a farle spazio.

Ieri a Ballarò Castelli (Lega) e Alemanno (AN) e una rappresentante della “Sinistra” ripetevano in coro: no alla globalizzazione, no alle liberalizzazioni, sì al protezionismo, si all’intervento diretto dello Stato in economia. In realtà, questi interventi oggi sono resi necessari dalla crisi provocata dal liberismo. Lor signori vorrebbero approfittarne per renderli permanenti: ecco come liberismo e statalismo si alimentano reciprocamente. Il solo Franceschini (PD) ha lucidamente reagito a queste fesserie (comprese quelle del più volte citato Tremonti, il cui libro può avere successo solo in un paese provinciale e mediaticamente controllato come il nostro). Ha ricordato che l’economia di mercato (sorretta da una regolamentazione pubblica, non politicizzata come quella di Bush) ha consentito lo sviluppo della nostra civiltà. Lo statalismo non garantisce affatto un mondo migliore (ad es. i grandi inquinatori del XX sec. furono proprio l’URSS e i paesi satelliti). Dobbiamo avere chiaro che questa gente, di destra e di sinistra, è pericolosa per la società; per la libertà, per la pace (se ai mercati si accede grazie al permesso dei governi, cominceranno le guerre per conquistare i mercati), per il benessere di tutte le donne e gli uomini del mondo, e anche per gli equilibri sociali che dicono di voler difendere.

Il progetto di politicizzazione della società e delle istituzioni da parte della destra avanza. E’ urgente contrapporre un progetto di società aperta di stampo kennediano. Perché il PD non coinvolge le intelligenze economiche di area democratica?

venerdì 17 ottobre 2008

Il governo italiano contro l'ambiente

Allora la lezione della crisi finanziaria non è stata capita dalla destra: un modello economico senza regole porta a catastrofi globali. Ma loro no: loro chiedono all'Europa di tirarsi fuori dalla responsabilità per l'ambiente. Mettono veti. Protestano per i piccoli costi economici di quel minimo (insufficiente) di azioni previste dal Trattato di Kyoto, che pure l'Italia ha firmato. Li esagerano. Il surriscaldamento di questo nostro piccolo, fragile pianeta non li riguarda. Che lungimiranza, ragazzi! "E come può l'Europa da sola, fermare le emissioni di anidride carbonica?" dicono. Quindi? Quindi continuiamo a inquinare, di più! Perlomeno noi: siamo già ampiamente oltre i limiti internazionali, ma l'Italia vuole altri sconti. Che figura! Come gli ultimi dei pezzenti! Ecco perché la destra italiana è contro l'Europa: la destra è contro chiunque metta delle regole, dei limiti all'interesse privato. Come se loro non facessero parte del nostro stesso mondo, non vedessero quello stesso satellite luminoso che illumina le nostre comuni notti, quello stesso unico grande oceano che bagna le coste di tutti i continenti. Non si accorgono che il tempo per imparare a condividere sta scadendo.

giovedì 16 ottobre 2008

Berlusconi e gli Aiuti di Stato


Adesso in Europa «gli aiuti di Stato che fino a ieri erano peccato sono un imperativo categorico». Lo ha detto oggi il premier Silvio Berlusconi, in conferenza stampa. Berlusconi e Tremonti trionfano. Sperano di approfittare della crisi finanziaria per tornare a politicizzare anche l’economia privata in maniera più diretta e franca. “Ti do gli aiuti di stato, se …”. Se mi piazzi il portaborse fra i tuoi dirigenti… se mi finanzi la campagna elettorale… se non mi critichi sulla stampa…

Ancora una volta, la destra si propone di rompere le regole europee di buon governo, approfittando della confusione di molti cittadini sulla differenza che c’è fra il liberismo e una sana “economia di mercato”. Insomma, prima la destra (Bush) fa i disastri, poi monta in cattedra e rivolta la frittata per togliere libertà. Ma la libertà non è non avere regole: quello è arbitrio dei potenti. La libertà si fonda sulle regole che la difendono.

Una volta erano i comunisti a chiedere gli aiuti di stato. Una miniera esauriva la sua vena? Lo Stato doveva difendere quei posti di lavoro. Le macchine da scrivere (Olivetti) diventavano obsolete a causa dei PC? Lo stato doveva “salvare” - cioè mantenere a nostre spese - l’azienda decotta. Così si ferma il progresso di una società. E si alimenta la corruzione e l’arbitrio. Almeno i comunisti, pur nel disastro morale della loro ideologia, avevano anche ideali sociali degni di rispetto.

I salvataggi bancari sono un’altra cosa - a condizione di farli sul modello inglese, dove in cambio di soldi lo stato acquista (quote di) proprietà che potrà rivendere in futuro. La destra non tenti di approfittare della situazione del tutto eccezionale generata dalla crisi per portare avanti il suo disegno semi-autoritario di svuotamento della democrazia. Veltroni e Di Pietro dicano una parola chiara.

mercoledì 15 ottobre 2008

Roberto Saviano

Roberto Saviano, autore di “Gomorra”, è sempre più minacciato dalla camorra. Da due anni vive semi-segregato, dentro un programma di protezione: non ne può più, e ha annunciato che lascerà l’Italia. La sua vicenda è emblematica del momento che sta vivendo il nostro paese: un paese che non ti lascia altre possibilità. O ti adatti, ti pieghi, ti lasci cambiare, o te ne vai. E’ quello che molti giovani come Saviano scelgono di fare. Giovani che vogliono vivere una vita vera, vogliono giocarsi le loro possibilità, creare qualcosa. Giovani che non vogliono vendere l’anima alle varie mafie e cordate (molte delle quali del tutto legali) che tengono in pugno l’Italia. Troppi eroi silenziosi richiede il nostro paese per restare a galla, troppi martiri, anche. Per questo è necessaria una svolta, una ondata di cultura della legalità, che vada oltre le associazioni criminali, e investa la politica (tutti i partiti sono illegali perché non rispettano l’Art,49 Cost.), la pubblica amministrazione (quasi tutta la p.a. è gestita in modo illegale dai partiti, che violano l’Art. 97 Cost.), il bilancio pubblico (tutti i bilanci degli ultimi 40 anni sono illegali, perché violano l’Art.81 Cost.), il sistema mediatico (l’assetto attuale è illegale, perché viola il principio del pluralismo e le norme europee). E’ tutto il sistema di potere, in Italia, che è fondato sull’illegalità, che soffoca la democrazia, l’economia, la qualità delle relazioni, e talvolta anche la vita degli italiani. Per questo ho sentito l’esigenza profonda di mandare anch’io, come tanti altri, un messaggio di solidarietà a Saviano.

domenica 12 ottobre 2008

Il Convegno sulla democrazia

Il convegno del 4 Ottobre ha dimostrato che - oltre alla denuncia sui "rischi democratici", è possibile e necessario per il PD darsi un vasto programma proattivo per una crisi democratica che non è di là da venire, ma che è già in atto. Intanto, parte il referendum contro il "Lodo Alfano", cioè contro l'impunità penale delle massime cariche dello Stato.
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P.S.: Per chi non c'era, alcune proposte emerse dal convegno sono le seguenti. Introdurre il referendum propositivo; costituzionalizzare l'indipendenza delle Autorità Garanti; togliere la governance della RAI ai partiti (proposta de Zulueta), introrurre un minimo di controlli preventivi (e non solo a posteriori, quando il danno è fatto) sulla costituzionalità delle Leggi ordinarie; sottoporre la politica a regole trasparenti nella sua gestione della Pubblica Amministrazione; aprire i partiti politici alla partecipazione democratica (primarie, Art.49 Cost.), la difesa dell'indipendenza della Magistratura. Sono proposte che vanno tutte nella direzione di de-politicizzare la vita del nostro paese. Cos'altro? Il numero identificativo sui caschi delle forze dell'ordine, incentivi ai giornali che aprono ai contributi esterni...

giovedì 9 ottobre 2008

Domani, 10 Ottobre, venerdì nero

Domani sarà un venerdì nero, forse. La mattina, il panico nei mercati finanziari raggiungerà livelli topici: forse. Domani mattina, io vado in banca. Comprerò un po' di azioni. Voglio scommettere sul nostro comune futuro.

mercoledì 8 ottobre 2008

Crisi finanziaria: lo scenario "C"

“C” come “catastrofe”

Siamo chiari. Cosa rischiamo? Il 30% di disoccupati, e una recessione del 10-12% del PIL. (Ma forse ce la caveremo con la disoccupazione al 10% e una caduta del PIL del 2, 3%. Se il panico verrà fermato). Di chi è la colpa di questa crisi? Dei politici, dei banchieri, e di tutti noi. Che si può fare ancora a livello sistemico? Se c’è uno Stato che può permetterselo, nazionalizzare le banche, poi salvare un po’ di imprese, e i disoccupati. Come mi salvo? Posso mettere al sicuro i miei risparmi? No: nessuna soluzione - neanche mettere i soldi “sotto il cuscino” - è sicura. Conviene puntare sulle relazioni umane, per condividere i problemi che verranno.

Il mondo rischia una recessione del 10%, perché il sistema finanziario globale è insieme il cervello e il sistema linfatico dell’economia globale. E il sistema finanziario per ora ha smesso di funzionare; e non sarà facile salvarlo (del tutto). Senza il sistema finanziario, l’economia reale non regge.

La finanza è per sua natura “instabile”. Lo sapevamo. Raccoglie fondi “a breve” e presta “a lungo” termine. Se pochi risparmiatori rivogliono indietro i soldi, la banca ha delle riserve pronte; ma se tutti assieme li richiedono indietro, nessuna banca al mondo può resistere: gran parte dei soldi semplicemente non ce li ha più, sono nei macchinari delle imprese che finanzia, rientreranno solo con gli anni. La nostra banca può difendersi prendendo a prestito dalle altre banche… a meno che la stessa crisi di fiducia non colpisca tutto il sistema. In questi giorni assistiamo dunque a una sfida sistemica, drammatica (di cui noi stessi siamo i protagonisti spesso negativi). E’ in bilico il nostro modo di vivere, la nostra civiltà. Perché la finanza è la premessa necessaria dell’economia di mercato. (Le banche fiorentine del “400, quelle olandesi del “500 hanno preceduto il grande sviluppo dei secoli successivi). L’economia di mercato è la premessa necessaria di uno sviluppo che – comunque lo si giudichi - ha portato un territorio povero di risorse come l’Italia a sostenere una popolazione di 60 milioni, rispetto ai 18 (di cui 8 affamati) del 1800. E sta facendo lo stesso in Cina, India, Malesia…

Per questo, la finanza va sempre regolata con cura. E’ una tecnologia sofisticata, pericolosa se usata male. Molti oggi danno la colpa della crisi agli “speculatori”, ai futures. La crisi però è nata e si propaga in tutt’altra maniera. Le banche americane hanno concesso mutui immobiliari fino al 100% del valore delle case in garanzia: se si fossero limitate al 70% (o ci fosse stata una regola), il crollo dei prezzi immobiliari non avrebbe prodotto tutte queste situazioni di insolvenza che sono all’origine della crisi. Le banche europee (e il "modello europeo") non sono migliori: hanno ricomprato dalle banche USA molti di quei mutui pericolosi, tanto che oggi subiscono perdite anche maggiori. Gli speculatori, intanto, stanno aiutando le autorità: a loro vende la gente in preda al panico, alle “mani forti”, come Warren Buffet (che da solo ha salvato Goldman Sachs, sperando ovviamente di lucrarci negli anni). Dovremmo rinunciare ai derivati, alla finanza moderna perché, come il laser, se usati male sono pericolosi? Anche il gas in casa se usato male è pericoloso. Anche l’automobile: per fortuna ci sono le regole stradali, i controlli, gli esami per la patente: se togliessimo queste infrastrutture, cosa diventerebbero le nostre strade? Così è per la finanza. Le colpe dunque non sono della finanza in quanto tale, ma di come è stata utilizzata; e dei politici che fanno troppi debiti pubblici e interessi privati, che cioè politicizzano le istituzioni, riducono la trasparenza, e piegano le regole al loro comodo (ad es. la supervisione del settore bancario sottratto alla FED dai Bush boys).

La crisi ora si sviluppa. Può essere gestita? Il panico è come il fuoco: era più facile fermarlo all’inizio. I governi sono intervenuti troppo poco, troppo tardi (il panico vero è iniziato con il crack Lehman). Ora non è solo la crisi dei depositi, dal lato del passivo dei bilanci bancari, o la impossibilità di liquidare a valori “normali” i titoli in portafoglio per farvi fronte, dal lato dell’attivo, a mettere in crisi le banche. Anche gli impieghi bancari (l’altra grande posta dell’attivo: le imprese finanziate) cominciano a vacillare. Se i depositi + il capitale di una banca valgono 100, mentre i titoli + gli impieghi 180, la banca è economicamente sana, anche se magari non ha i soldi liquidi per rimborsare i depositanti in preda al panico. La crisi di liquidità, in assenza di banche prestatrici, può essere affrontata per un po’ dalle banche centrali; che infatti in questi giorni prestano somme impensabili, a fronte dei titoli che le banche danno in garanzia (o in vendita, negli USA). Ma se il valore dei titoli e degli impieghi in portafoglio scende a 90, la banca è virtualmente fallita. (Ciò a sua volta mette in crisi l’attivo di altri operatori, in una spirale apparentemente senza fine). Bisogna allora porsi il problema di ricapitalizzare il sistema bancario. Gli inglesi e gli islandesi lo hanno fatto martedì: hanno in pratica nazionalizzato le loro banche principali, anche se non è detto che le somme investite siano sufficienti per salvarle. In America si apprestano a farlo.

In America si apprestano a farlo, anche se si tratta di somme che vanno ad aggiungersi a quelle già deliberate (7% del PIL) per affrontare la crisi di liquidità. Dove le prenderanno? Non stamperanno moneta: venderanno titoli pubblici sui mercati. Lo possono fare. Perché hanno un debito che è solo il 69% del PIL. Ed è per questo che non si può dire: “l’Italia è messa meglio degli altri paesi”. Le nostre banche sono messe (un po’) meglio di altre. Ma se l’ondata finanziaria e quella reale saranno abbastanza forti da mandare “sotto” anche loro, l’Italia non ha (quasi) margini di manovra. Sommando al debito attuale (105% del PIL) una manovra di salvataggio del 10-15% del PIL – in situazioni di panico generale –, la crisi del debito pubblico evitata nel 1992 e nel 1995 diverrebbe probabile: una crisi in grado di portare la disoccupazione al 30%. La crisi del debito italiano sarebbe un evento di impatto globale devastante: ecco perché l’Europa farebbe bene a muoversi di concerto. L’intervento tardivo della BCE avrebbe una sola forma possibile: la monetizzazione del debito, e l’inflazione, la moneta che diventa meno utilie per gli scambi, lo spettro della caduta dei commerci (come nel 1930-39). L’Italia è dunque più solida degli altri solo se l’ondata sarà contenuta; altrimenti è il punto debole dell’economia globale. Lasciarla cadere (come nel caso Lehman) potrebbe essere un errore fatale.

Le autorità italiane si stanno muovendo con ordine, per utilizzare i margini che hanno a disposizione: essendo già garantiti (dal 1997) i depositi bancari, mercoledì hanno esteso la garanzia anche alle obbligazioni bancarie. E’ il modo giusto per consentire alle banche di emetterne eventualmente di nuove e ricapitalizzare senza pesare sullo Stato. Sempreché l’ondata non sia troppo alta: altrimenti queste emissioni non troverebbero sottoscrittori. Manca ancora un piano per sostenere l’economia reale, per difendere la credibilità del debito pubblico, proposte chiare a livello del coordinamento internazionale.

Come salvare i propri risparmi? Le strategie finanziarie difensive hanno tutte dei rischi. Azioni? Stanno crollando. Obbligazioni? Sempreché l’impresa emittente regga. Gli immobili? I prezzi scenderanno ancora. Mettere i soldi sotto il materasso? C’è il rischio inflazione, con tutti i salvataggi che bisognerà fare. In realtà, la distribuzione dei sacrifici dipenderà soprattutto dalle scelte politiche. Forse però sta giungendo il momento di comprare azioni: sembrano rischiose, ma offrono anche maggiori opportunità: la borsa italiana ha già perso il 50%, come anche molte borse asiatiche o sudamericane. Ma forse la cosa più saggia l’ha detta il papa: investite in qualcosa di più solido del denaro, come le relazioni umane, le reti di solidarietà. Non costano nulla, riducono l’ansia e l’incertezza economica, sono piacevoli... e quando si perde il lavoro, ti salvano!

Le lezioni da trarre sono molteplici. La crisi che ci accingiamo a vivere non piove dal cielo, non era inevitabile: ha dei responsabili. Non è colpa degli speculatori, né dei futures, ma delle culture del debito (privato negli USA, pubblico in Italia) e delle regole opache (i derivati non regolati hanno favorito l’opacità della finanza). Sul piano politico, sono responsabilità più delle destre che delle sinistre. In Italia, ad es., è la destra che da almeno 15 anni tende a creare buchi nel bilancio pubblico (anche il bilancio per il 2009 fin dall’inizio era basato su ipotesi finanziarie dubbie; ed emerge più chiara la gravità sul piano economico della manovra elettorale di Berlusconi sull’Alitalia). E’ la destra che promuove l’opacità e l’indebolimento delle regole (depenalizzazione del falso in bilancio, ostacoli alle rogatorie internazionali, elogio di Berlusconi dell’evasione fiscale, limiti alle intercettazioni, tagli fortissimi al bilancio della Giustizia per il prossimo triennio, politicizzazione delle autorità garanti,della p.a., e ora anche del CSM). Ma la sinistra al governo, nel 2006-07, non ha saputo o voluto rilanciare le regole e le istituzioni, dunque oggi non ha sufficiente credibilità. Anche gli elettori, di qua e di là dell’Atlantico, sono responsabili di aver troppo a lungo tollerato i politici populisti, ammiccanti e con poco senso del bene pubblico, tutta comunicazione e niente sostanza. La lezione più importante è che il mondo non può continuare come ha fatto finora: se lo fa, va incontro a situazioni catastrofiche. E’ un mondo che si va riempiendo, sotto sotto, di stati nucleari, e dove stanno sparendo un’enorme varietà di forme di vita animale e vegetale. Un mondo inquinato, dove i nostri bambini si ammalano di asma e i nostri anziani di cancro… Una civiltà senza regole e che si disinteressa del futuro, è una civiltà destinata a crollare.

venerdì 3 ottobre 2008

La Direzione Nazionale del 3 Ottobre 08

L'O.d.g. era:
1) Relazione introduttiva di Dario Franceschini
2) La situazione politica
3) Varie ed eventuali
4) Conclusioni di W. Veltroni
Con un odg così vago, che discussione poteva nascere? Ogniuno è intervenuto sul suo argomento, la D.N. resta condannata all'irrilevanza. Come l'Assemblea Nazionale, di 2800 membri, che l'ultima volta non si è presentata per protesta in 2000 dei 2800 membri!. Il P.D. è in balia del al leaderismo veltroniano di stile berlusconiano. Il partito continuaa essere gestito dai "big" nei "caminetti" ad invito, vera struttura parallela del partito. E l'identità del partito non si sviluppa.
Per reagire a questa situazione, ho presentato una mozione articolata (55 righe, vedi sotto) sul tema delle riforme per la democrazia. (L'avevo già presentata in Luglio, ma Veltroni mi aveva chiesto di ritirarla e ripresentarla alla D.N. successiva). La sera prima della D.N. mi arriva una telefonata a nome di Veltroni: preghiera di ritirare la mozione, pare per non ingolfare la discussione con questioni troppo specifiche. Mi dichiaro disponibile a venire incontro alle esigenze del Segretario, e alla D.N. presento una mozione ridotta alle seguenti asettiche 5 righe:
La direzione nazionale del p.d. da mandato al s.n. di creare un gruppo di lavoro sulla democrazia italiana, composto da persone competenti, che lavori per presentare alla direzione del partito le opzioni strategiche per il rafforzamento della democrazia, recependo a questo fine le mozioni presentate in questa direzione nazionale e i documenti inviati entro il 14 ottobre da membri della direzione nazionale. La D.N. chiede al S.N. di relazionare sui risultati del gruppo di lavoro entro il 30 novembre.
Iil senso è: "Fate funzionare gli organi del partito. Lasciate che entrino nel merito dei problemi, e che diano indicazioni precise al S.N.. Aprite un cantiere per la costruzione di un progetto-paese coinvolgendo le competenze del paese. Si può cominciare subito, senza aspettare i tempi della burocrazia PD (la "Conferenza Programmatica": anche perché un singolo evento non risolve). Cominciate dalla democrazia: serve a dare sostanza alle recenti interviste (finora di mera denuncia) di Veltroni". Ho tolto tutti i contenuti di merito.
Chiedo a Veltroni di metterla in discussione, altrimenti ci sarebbe "un problema democratico nel partito". Mi risponde ok, che la mette in discussione.
Passa tutta la giornata, tutti intervengono, e... niente. Finiti gli interventi, Veltroni si alza e fa la sua relazione conclusiva. Finisce, applausi, la gente si alza e se ne va. Franceschini prende il microfono nella confusione e dice: "ancora un attimo, c'è una mozione presentata da Gawronski. Credo che possiamo recepirla... nella Conferenza Programmatica"! Senza commenti.
Nelle sue conclusioni Veltroni ha comunque accettato di organizzare una consulta per l'immigrazione.
P.S.: Veltroni ci ha anche mandato un messaggio al Convegno del 4 Ottobre. Cito un brano:
"... il rischio è che finisca col sembra fatale lo scivolamento verso un fastidio per i vincoli, per le regole, in nome di un'efficacia a prescindere. E' il terreno più facile per la destra, soprattutto per quella italiana, che è nata e che si sviluppa a partire da una enorme concentrazione del potere e da un anomalo conflitto di interessi.
Guai, però, se noi ci presentassimo a questo appuntamento solo con vaghe recriminazioni, con un'attenzione esclusiva ai contrappesi, magari identificandoli con ricette passate, con nostalgie per fasi passate della storia della Repubblica."

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Testo della LETTERA DI PRESENTAZIONE e della MOZIONE COMPLETA inviata il 2 ott. ai membri della Direzione Nazionale del P.D.

Si tratta della prima Mozione presentata alla Direzione del Partito Democratico. Ho qualche dubbio, però, che passerà alla storia...



LETTERA DI PRESENTAZIONE


Cari amici e colleghi della Direzione Nazionale del P.D.,

Vi allego una proposta di mozione che vorrei sottoporre alla Vs attenzione in occasione della prossima riunione della direzione nazionale del partito del 3 Ottobre.

Non so se questa sia la procedura corretta o migliore, ma vorrei discutere con Voi la posizione del partito sulla democrazia italiana. Non mi dispiacerebbe neppure che un organo così importante del Partito - come la Direzione Nazionale - desse un segno di vita, esprimendosi su un punto importante. La prima forma di identità, infatti, quella fondamentale, riguarda i meccanismi e la prassi della democrazia interna. La presentazione di una mozione consente di sottolineare che la Direzione va convocata non solo per ratificare linee politiche già decise altrove, ma che essa intende svolgere un ruolo attivo nelle scelte cruciali.

La mozione che Vi presento è stata a lungo meditata con gli esperti del ramo, ed esprime alcune delle proposte che saranno illustrate e dibattute al Convegno del 4 Ottobre “Verso la Conferenza Programmatica del PD”, in via S.Andrea delle Fratte a Roma, di cui spero avete già avuto notizia. Il senso è: schierare il partito in maniera non equivoca, credibile, nel campo della democrazia liberale.

Come sapete, l’intervista di Veltroni domenica scorsa sul Corriere della Sera ha riacceso le speranze e i cuori di una larga parte del nostro elettorato, già ferito dalla scarsa reattività del governo Prodi sul terreno democratico, dall’indulto “salva-Previti”, dallo “spacchettamento” delle istituzioni, dall'inerzia sul conflitto di interessi, dalla scarsa reazione di fronte alle “leggi ad personam” varate nel 2002-05, dal mancato ampio coinvolgimento delle competenze della società nella progettazione delle politiche governative.

L’intervento di Veltroni, tuttavia, è stato interpretato negativamente da una parte dei commentatori (p.es. Pierluigi Battista sul Corriere). Dal lato degli entusiasti alcuni, ripensandoci, hanno ricominciato a dubitare che Veltroni – il PD - intenda fare sul serio. Credo che bisogna rispondere con i fatti, e che la Direzione Nazionale debba fornire al S.N. un supporto politico e di merito ampio e compatto.

In primo luogo, la posizione di Veltroni è sembrata a taluni solo “negativa”: una polemica priva di proposte costruttive. Dobbiamo invece di dimostrare che:

- Il PD sta costruendo un progetto positivo per il paese: avanzando proposte concrete all’interno di una visione ampia e coerente, a partire dal rafforzamento della democrazia.
- Il PD ha un progetto progressista e modernizzatore, non conservatore e nostalgico.
- Il PD vuole unire il paese, non dividerlo: e solo all’interno dei valori della Costituzione può esserci un “riconoscimento reciproco”.

In secondo luogo, l’intervento di Veltroni è apparso ad alcuni strumentale, per riunire le diverse opposizioni in un unico fronte “anti”: il contrario della vocazione maggioritaria, della definizione di una chiara identità del PD, del rifiuto delle alleanze basate sull’ “anti”(berlusconismo) anziché su un progetto-paese. Un PD dunque tacciato di incoerenza, che si prepara a inseguire la CGIL in uno scontro sociale “pretestuoso e corporativo” sui contratti. Che soffia sulla protesta della scuola, sulla piazza (il 25 Ottobre).

Credo che bisogna reagire a questa narrazione con argomenti seri. L’errore più grave sarebbe di restare in mezzo al guado: la posizione strategicamente più scomoda. Occorre invece, io credo, fare quei passi che ci portino sull’altra sponda.

Riconoscendo che:
- non è solo la destra responsabile del declino della democrazia; anche noi lo siamo stati; ma noi vogliamo cambiare, invertire il trend. Così cade la tesi dell’ uso “strumentale” dell’argomento “democrazia” per attaccare la destra.
- la democrazia non è semplicemente “a rischio”; secondo noi è anche già molto deteriorata. Lo sono le sue istituzioni, le regole, la cultura civica. Perciò il PD non risponde solo con un “no” a una visione anti-costituzionale della destra, ma propone un progetto alternativo, per la democrazia, che è fortemente innovativo, atto a uscire dalla crisi. Quindi cade la tesi dell’obiettivo del “rassemblement indistinto”.

Occorre dire che le istituzioni democratiche, amministrative, e del settore pubblico (vedi RAI) che assieme fanno la governance democratica del paese sono al cuore del declino italiano; per questo ci interessano. Che non siamo preoccupati per i diritti e le prerogative del PD, ma per il paese. Occorre spiegare che noi abbiamo un piano per risanare lo stato democratico. Il rif.to alla Costituzione non è un “tornare indietro” - è un “andare avanti” - solo se si riconosce che oggi è disapplicata e violata in molte sue parti fondamentali
[1]. La Costituzione è un antidoto contro chi vuole politicizzare tutto: come fa la destra. La direzione giusta quindi non è continuare a disapplicarla e attaccarla, è ritrovare un progetto di convivenza comune a tutti gli italiani ritornando ad applicarla, contro gli interessi particolari che negli anni ne hanno sgretolato la sua vigenza.

Non si può denunciare una crisi democratica e poi prescrivere solo la vitamina C. Occorre essere conseguenti e proporre un “piano di risanamento e consolidamento” adeguato alla diagnosi: pena la perdita di credibilità
[2]. Questo è quello che ci manca per uscire dal guado “in avanti”.

Vi ringrazio per l’attenzione, e spero in un confronto aperto e sereno, venerdì. In fondo, è bello – per dei democratici - difendere assieme la democrazia.

PierGiorgio Gawronski
1 Ottobre 2008


[1] Non facciamo rif.to agli articoli programmatici relativi agli aspetti sociali, pur importantissimi, perché altrimenti indeboliamo l’argomento e facciamo confusione. Stiamo parlando della democrazia partecipativa e liberale
[2] Come nel 1922: democratici “inetti” era il termine usato.




MOZIONE

Alla Direzione Nazionale del Partito Democratico del 3 Ottobre 2008

“Rafforzamento della Democrazia”

Nella prospettiva - tutt’ora incerta - dell’avvio di una fase di dialogo fra le principali forze politiche sulle riforme istituzionali, con l’obiettivo di offrire la maggiore chiarezza possibile al paese e alle controparti, la Direzione Nazionale ritiene opportuno evidenziare qui di seguito alcune priorità del Partito Democratico tese a salvaguardare e rafforzare la democrazia in Italia. Chiede inoltre al S.N.: (a) di costituire – in accordo con la Direzione Nazionale – un gruppo di lavoro di persone qualificate, con il mandato di precisare le indicazioni qui presentate; (b) di presentare alla Direzione Nazionale una relazione sulle opzioni riferibili alle linee qui sotto indicate entro il 30 Novembre; (c) di condurre qualsiasi eventuale trattativa sulle riforme istituzionali subordinando il rafforzamento del potere esecutivo al rafforzamento dei c.d. check and balance, della separazione e dell’autonomia degli altri Poteri dello Stato, e all’equilibrio democratico.

Per quanto riguarda la messa in sicurezza della Costituzione, il Partito Democratico propone:
a) di alzare i quorum per le modifiche di tutta la Costituzione, soprattutto in caso di passaggio a un sistema elettorale maggioritario. (In questo ultimo caso, si dà mandato al S.N. di esplorare, in alternativa, altri meccanismi istituzionali innovativi che limitino la possibilità di aggirare i “quorum” dell’Art.138 Cost. con una Legge elettorale ordinaria).
b) di sanare la svista del Costituente, emersa con chiarezza nel 2006, che impedisce alla Corte Costituzionale di valutare l’ammissibilità dei referendum costituzionali (soprattutto per quanto attiene al rischio di quesiti non univoci o non chiari).

Per quanto riguarda l’attuazione della Costituzione nelle parti che stabiliscono i fondamentali diritti civili e di libertà dei cittadini, si chiede al S.N. in particolare:
c) di ribadire che la mancata attuazione dell’Art. 49 Cost., là dove prevede la democrazia nei partiti, è un problema democratico per noi rilevante; di studiare la fattibilità di una Legge di attuazione dell’Art.49 Cost. (p.es. sul modello tedesco); di studiare la possibilità dell’introduzione delle elezioni primarie per Legge per alcune cariche elettive; di ribadire che, nelle condizioni attuali, la difesa delle “preferenze” (e la possibilità per il cittadino di scegliersi i suoi rappresentanti in Parlamento) è un punto strategico e non negoziabile per il P.D..
d) di riportare all’attenzione generale che la diffusa violazione di parti importanti dell’Art.97 Cost. è un problema democratico per noi rilevante. Si dà quindi mandato al S.N. di studiare un pacchetto di proposte atte a ristabilire il merito e la terzietà della Pubblica amministrazione.

Per quanto riguarda l’aggiornamento della Costituzione e delle sue leggi di attuazione, si chiede al S.N. di valutare e riferire su:
e) L’opportunità di rafforzare significativamente i poteri di controllo e garanzia del Capo dello Stato, in caso di dubbi sulla costituzionalità di nuove leggi; e - dopo un primo rinvio al Parlamento – in caso di reiterazione -, la facoltà per il Capo dello Stato di appellarsi alla Corte Costituzionale.
f) L’opportunità di ampliare la possibilità di interventi dell’Alta Corte “in via principale”.
g) L’attribuzione al Capo dello Stato di una facoltà di controllo preventivo sull’esistenza dei “requisiti di necessità ed urgenza” nei decreti legge.
h) L’opportunità di inserire nella Costituzione il principio dell’autonomia delle Autorità Garanti della concorrenza.

Per quanto riguarda l’indipendenza della Magistratura, la Direzione Nazionale del Partito Democratico ribadisce la sua ferma opposizione a qualsiasi tentativo di politicizzare il CSM e la Corte Costituzionale, e invita tutte le forze politiche a concentrarsi sul problema della eccessiva durata dei processi e sull’efficienza del sistema giudiziario.

Si chiede infine al S.N. di valutare se il P.D. non debba reagire costruttivamente - in un’ottica di prevenzione -, all’emergere dell’evidenza di un crescente numero di violazioni dei diritti umani, a partire dal 2001 in poi, valutando in particolare l’opportunità di dare mandato ai gruppi parlamentari di proporre in sede legislativa:
- il numero identificativo sul casco delle forze dell’ordine,
- il divieto verso chiunque di impedire riprese e foto (salvo nei casi previsti dalla Legge),
- una procedura amministrativa sanzionatoria, e/o l’aggravante per i pubblici ufficiali in caso di procurate lesioni e maltrattamenti; una legge che punisca severamente la tortura.



domenica 28 settembre 2008

Democrazia: a quando il progetto del PD?

In una intervista al Corriere della Sera, Veltroni fa propri e rilancia molti concetti e preoccupazioni sulla democrazia italiana da noi espressi, ribaditi ed articolati in diverse occasioni e sedi (si veda l'articolo sull'Unità qui sotto, il Discorso che ho tenuto all'Asemblea Nazionale del PD nel Giugno 2008, e il Programma sulle Istituzioni Democratiche sulla barra qui a sinistra). Bene! Ma ora... Veltroni né trarrà le conseguenze sul piano della proposta? O resterà fermo alle denunce? Vedremo la sua risposta al convegno del 4 Ottobre.
L'intervista di Veltroni...

venerdì 12 settembre 2008

Napolitano invoca un nuovo "patriottismo della Costituzione"

Secondo il Presidente della Repubblica, il problema in Italia è che non tutti si riconoscono nei valori della Costituzione. Concordo. Anche la sua invocazione: "occorreun nuovo patriottismo della Costituzione" mi piace, dato che è sempre stato il nostro, fin dalle primarie del 2007! Ma cosa significa, concretamente, nella vostra vita di ogni giorno, Costituzione? Quali diritti, quali doveri, quali situazioni concrete richiama? Quali sono i nodi cruciali?

martedì 26 agosto 2008

Le questioni internazionali

Sono di ritorno da una vacanza in Istria: terra punteggiata di belle cittadine "veneziane" con forti segni dell'impero romano (a Pola c'è un "Colosseo" più bello di quello di Roma). Il 25/8 sono intervenuto a Firenze alla Festa Nazionale del PD, partecipando a un dibattito sul riformismo. Il 29-31/8 sarò in Trentino per partecipare ad un Convegno sulla Costituzione, il 14-16/9 a Cortona per la scuola estiva del PD. Per il resto sarò a Roma a lavorare perché il PD vada quanto prima, se non ad un Congresso, quantomeno ad una "Conferenza Programmatica".
Intanto, mentre ero al mare, la crisi Georgiana si è avvitata.
Le questioni internazionali non interessano i nostri politici. E forse anche con ragione: tanto le nostre istituzioni non consentono di costruire e poi sostenere nel tempo proposte serie, profonde, innovative sulle questioni internazionali. In questo settore, noi siamo al traino di EUropa e USA.
Eppure nel mondo globalizzato, le interdipendenze fra nazioni aumentano. I fenomeni nascono in una parte del mondo e colpiscono (o favoriscono) un'altra parte del mondo. Un grande partito Democratico non può ignorarle.
Anche la piccola Georgia sta provocando una crisi mondiale. Secondo me i torti non sono solo dei russi. E comunque, purtroppo, Bush - dopo aver violato, facendosi addirittura beffe dell'ONU, la legalità internazionale in Iraq - si ritrova senza argomenti contro Putin. Quanto all'Europa, non doveva limitarsi a organizzare una tregua: doveva produrre una visione strategica, rivolgere precise richieste a Putin e alla Georia (accompagnate dalla minaccia di usare il suo soft power) per dare uno statuto speciale di grandissima autonomia all'Ossezia del Sud. Ormai, credo sia meglio tenere un profilo basso, e non seguire Bush sulla linea della rottura a tutto campo con la Russia. Si deve aspettare un eventuale "secondo colpo" di Putin per decidere che la Russia segue una linea imperialista: sulla Georgia, le ragioni di Putin sono troppo forti perché noi si possa decidere che la Russia ha fatto una aggressione imperialista. La mia conclusione è però un'altra: il PD deve schierarsi a favore della creazione degli Stati Uniti d'Europa nella campagna elettorale di primavera 2009.
Nel programma delle primarie sottolineavo i problemi della povertà globale, della proliferazione nucleare, della instabilità finanziaria globale, e dell'immigrazione. Domando: questi temi sono tutti ugualmente importanti? E quali altri temi internazionali meriterebbero di essere sollevati? Quali dovrebbero essere proposti nel convegno che stiamo organizzando?

domenica 3 agosto 2008

C'è dialogo e dialogo...

L’Unità del 27 Luglio 2008

La Democrazia e la libertà

Caro direttore,

mentre il centro-destra bersaglia la nostra democrazia con dosi importanti di legislazione e ideologia anti-costituzionali, il PD non può limitarsi a parlare di economia. I problemi del paese sono anche altri, ma sono anche gli equilibri democratici.

In Italia vi sono oggi due concezioni della democrazia, in tensione fra loro. Quella liberale, moderna, basata sulla divisione e l’equilibrio dei poteri, sui “contrappesi” democratici,; la Costituzione è quindi intesa come un patto fra tutti i cittadini sulle cose veramente importanti, su cui non si decide a maggioranza. La visione populista, o “giacobina”, ritiene invece che la maggioranza debba “prendere tutto”, non accetta ostacoli né limiti fuori di sé, essendo stata investita direttamente dal popolo. Questa concezione, riemersa in Italia negli anni “90 con lo “sdoganamento” della destra, è presente anche in Polonia, negli USA (Bush), nel Terzo Mondo, dove ha generato numerosi regimi “semi-autoritari”.

In questo quadro di tensione culturale e istituzionale, negli anni scorsi, il sistema elettorale maggioritario ha aumentato il potere politico della maggioranza: le pressioni della destra hanno evidenziato alcune “falle” nelle garanzie costituzionali sulla stabilità democratica. (vedi sotto). La stessa situazione attuale della divisione dei poteri è insufficiente, rispetto agli standard democratici occidentali: per questo Freedom House classifica l'Italia fra i paesi "parzialmente democratici". Alcuni esempi sono la concentrazione delle TV private, il controllo del governo sulla RAI, la mancanza di democrazia nei partiti, la scarsa autonomia delle Autorità Garanti e della Pubblica Amministrazione.

Nei mesi scorsi il PD ha tentato con il governo un dialogo inutile, che il P.D. ha “pagato” nei sondaggi. Non credo che il problema fosse il dialogo in sé, o i toni civili usati da Veltroni: questo è il bagaglio tipico di ogni Uomo di pace. Ma per dialogare ci vuole una identità. E il PD non ha dimostrato di averla, sul terreno della democrazia. In queste condizioni, il dialogo istituzionale scade necessariamente a una trattativa su qualche posto in RAI o nelle Commissioni Parlamentari. Di Pietro è apparso al contrario come l’unico a tenere la schiena dritta.

L’interruzione del “dialogo” non ha migliorato di molto l’immagine democratica del PD. Non basta più opporsi. La gente ci chiede di sfidare il centro-destra con un progetto per la democrazia e la libertà in Italia. Lo stesso dibattito sulla Legge elettorale è confuso. Meglio il maggioritario alla francese, e la maggiore stabilità delle maggioranze? O meglio - in assenza degli adeguati contrappesi democratici - il modello tedesco, più garantista? In realtà, conta la sequenza delle riforme. Per uscire dalla infinita transizione istituzionale iniziata nel 1993 occorre in primo luogo rafforzare le garanzie democratiche, per consentire alle nostre istituzioni di "reggere" un sistema elettorale maggioritario ed altre riforme volte a favorire la governabilità.

Ma il Pd, dopo aver denunciato - per bocca del suo leader - la “crisi democratica” in atto, è rimasto ancorato alle (tre) minime proposte avanzate da Veltroni durante le “primarie”. La prima - riguarda la “messa in sicurezza” della Costituzione - è: alzare il quorum (la maggioranza parlamentare minima necessaria) per le modifiche al Titolo I della Costituzione. Si tratta evidentemente di un equivoco - anche un po’ destabilizzante -, dato che il Titolo I contiene i principi fondanti della nostra repubblica che una celebre sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato “immodificabili”. La seconda – è: introdurre il monocameralismo, e modificare i regolamenti parlamentari, per accrescere la capacità di decisione del governo. Il che va bene per la governabilità, ma non è certo una risposta alla crisi della autonomia del Parlamento (più volte denunciata da Ralf Dahrendorf) rispetto al potere esecutivo: fenomeno aggravatosi con la concentrazione degli abnormi rimborsi elettorali nelle mani dei leader di partito, e con la scomparsa del voto di preferenza (i parlamentari della maggioranza dipendono ora al 100% dal primo ministro per il rinnovo del loro mandato). La proposta del P.D. è anzi pericolosamente coerente con la linea populista (tutto il potere alla maggioranza) perseguita dalla destra. La terza proposta è il ritorno al sistema elettorale maggioritario senza contrappesi, che tanta instabilità democratica ha generato nel 1994-2006. A ciò si aggiunge la parziale disponibilità del PD emersa sul “lodo Alfano”. Se questo è il bagaglio con cui il PD intendeva incalzare Berlusconi nel dialogo istituzionale, esso mi pare inadeguato.

Ad esempio, per mettere in sicurezza della Costituzione, il PD potrebbe proporre al centrodestra di alzare i quorum per le modifiche di tutta la Costituzione, soprattutto in caso di passaggio a un sistema elettorale maggioritario: in questo caso, meglio addirittura – con audace innovazione istituzionale - proporzionalizzare le votazioni sulle modifiche alla Costituzione, ponderando i voti dei parlamentari. Il PD potrebbe anche proporre a Berlusconi di sanare la svista del Costituente, emersa con chiarezza nel 2006, che impedisce alla Corte Costituzionale di valutare l’ammissibilità dei referendum costituzionali (soprattutto per quanto attiene al rischio di quesiti multipli o non univoci, che aprono la possibilità di proposte eversive confuse in mezzo a altre norme, in un unico “prendere o lasciare”).

Per attuare della Costituzione, nelle parti che prevedono i fondamentali diritti civili dei cittadini, il PD potrebbe incalzare il centrodestra con proposte relative, per esempio, all’Art.49 (primarie; democrazia nei partiti, ad es. sul modello tedesco), o dell’Art.97 (terzietà della Pubblica amministrazione, carriere in base al merito e non in base a logiche politiche; diritto dei cittadini di competere tramite concorsi regolari per i posti disponibili).

Per aggiornare la Costituzione il PD potrebbe proporre, ad es., una norma costituzionale sulla indipendenza delle Autorità Garanti. Si tratta di istituzioni fondamentali per le moderne democrazie in Italia; già oggi dotate di scarsa indipendenza, ed oggetto dal 1994 di continui attacchi da parte del centrodestra (il più recente pochi giorni fa, con un emendamento sull’Authority per l’Energia), che mira a sottometterle al potere esecutivo. Oppure il PD potrebbe dare una risposta alle polemiche sulla “casta” introducendo (con cautela) in Italia dosi maggiori di democrazia diretta: il “referendum propositivo”, che dà maggiore potere ai cittadini. Il PD potrebbe rendere noto un suo progetto per rilanciare il pluralismo televisivo, e l’autonomia della RAI dal governo. Persino: incentivare i grandi giornali ad accogliere più contributi “esterni” (sull’esempio anglosassone). Oppure ancora, dopo le sentenze relative ai pestaggi del G8 di Genova, a protezione dei diritti civili potrebbe proporre: il numero identificativo sul casco dei poliziotti (che rende possibile identificare i violenti); il divieto generico di impedire riprese e foto; la legge contro la tortura. E tralascio le tante questioni relative alla crisi della giustizia.

Non ho parlato dello spoils system, dei conflitti di interesse dei politici eletti, che attribuiscono a se stessi, a familiari, e compagni di cordata incarichi (veri o finti) senza preoccuparsi del risultato per il cittadino: un uso non democratico del potere. “D’altronde è giusto che il Ministro si circondi di gente di sua fiducia!” mi diceva un membro del governo Prodi. E’ giusto? In Africa, una volta, il vincitore si portava dietro la sua tribù. La civiltà democratica sarebbe un’altra cosa. Non sarà che la crisi democratica e la cattiva governance c’entrano qualcosa con il declino anche economico del paese?

Le c.d. “Fondazioni” stanno facendo davvero un ottimo lavoro sulle riforme istituzionali. Ho l’impressione però che siano insufficienti. In assenza di un indirizzo politico chiaro sulle priorità, esse tendono a ridursi a mera ingegneria istituzionale per far “funzionare meglio” le istituzioni:occorre invece dare un respiro democratico ampio alla nostra proposta per la democrazia, la libertà, la partecipazione, la governance: che sia anche ideologica e popolare. Auspico quindi la convocazione in Novembre di una Assemblea Nazionale programmatica dedicata unicamente ai temi della democrazia e la libertà. Dove ci si divide e si vota, ma dalla quale esca una piattaforma ampia, chiara e popolare.

PierGiorgio Gawronski
Membro della Direzione Nazionale del Partito Democratico

venerdì 18 luglio 2008

Chi intercetterà il disagio sociale?

Oggi 19 Luglio anniversario della strage di via D'Amelio Simbolo della lotta fra Stato e anti-Stato. Simbolo della nostra lotta.

Giovedì 25 Luglio ore 17 Veltroni incontra i "liberal" del PD: siete invitati a partecipare.

25 Ottobre 2008: il PD prepara una "grande manifestazione". Ci andiamo? Come? Per dire cosa? Ho come una strana sensazione: che il solo fatto che venga convocata dal PD farà restare a casa molta gente. Ma deve essere una sensazione sbagliata.

giovedì 3 luglio 2008

La manifestazione di Di Pietro


L'8 Luglio ore 18 a piazza Navona l'IDV organizza una manifestazione contro le "leggi ad personam". Serve a qualcosa? Bisogna andarci? Per dire cosa? A chi? Con quali toni?

sabato 21 giugno 2008

L'Assemblea Nazionale del PD: noi all'opposizione!

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All'Assemblea Nazionale del P.D. ho sostenuto due cose. Primo, in Italia c'è una crisi democratica e della Costituzione (non attuata, disapplicata, violata) di cui il PD è corresponsabile. Questa crisi è anche una crisi dello Stato, e sta trascinando a fondo l'economia e il senso civico (la convivenza civile), aggravando le tensioni sociali. Il PD perde perché - dimentico che il 60% degli italiani ha bocciato con un referendum, nel 2006, il tentativo di stravolgere la Costituzione - non si fa carico di rilanciare un nuovo "patriottismo della Costituzione" e - con esso - le istituzioni.

Secondo, "riconoscere la sconfitta" significa innovare. Per fare ciò, sarebbero utili forze morali ed intellettuali fresche nel PD: il rapporto con l'Italia dei Valori va dunque coltivato fino a far entrare l'Idv nel PD, e il PD deve aprirsi al (le competenze del) la società civile. Il Segretario Generale deve raccogliere immediatamente la sfida politica e organizzativa della democrazia interna.

Inutile a dirsi, Veltroni ha parlato di tutti (Casini incluso) ma non una parola su Di Pietro. Quanto alla crisi democratica, la si denuncia, ma mai in senso autocritico; e - giocando sulle parole - la si riduce a una questione di governabilità. L'unica proposta del PD è: dare più poteri ai politici (al governo)!

Per questo io mi sento serenamente all'opposizione, nel PD.

martedì 10 giugno 2008

La questione cattolica

La questione cattolica (o religiosa?) si ripropone nel PD. Un articolo di Famiglia Cristiana registra e rilancia malumori, chiede a Veltroni di "rompere con l'ala laicista" (altrimenti il PD "perderà una parte dei cattolici", e assomiglierà sempre più ai DS", con i suoi indipendenti di sinistra). Rutelli conferma il malessere: "no a scissioni, ma bisogna cambiare strada". Dietro alla questione cattolica ci sono i valori: della vita, della laicità dello Stato/dei partiti. Ma anche altre questioni: ad es. a quale gruppo del Parlamento Europeo iscrivere il PD.

Il gruppo dirigente ex PCI da per scontato l'ingresso del PD nel gruppo socialista europeo - opportunamente rinominato -, ma i cattolici non se la sentono proprio. Inoltre la concezione del PD come somma di due vecchi partiti (Margherita e DS) ignora il contributo e la spinta dal basso della società civile, che non è né cattolica (politicamente parlando, s'intende) né socialista, ma vuole una sinistra più moderna e liberale.

Io credo che sia ormai tempo per il PD di affrontare apertamente la questione cattolica, messa in sordina dai veltroniani in campagna elettorale per timore di divisioni. Al Parlamento Europeo forse sarebbe più corretto creare un gruppo nuovo, i "democratici": perché il PD è sia cattolico, sia socialista, sia liberal-democratico, ma non appartiene esclusivamente a uno di questi tre gruppi. Sui valori è tempo di un chiarimento profondo. Laicità, religione, valori della vita non penso debbano necessariamente scendere a compromessi. Ad es., i nostri "laici" sostengono (polemicamente) la seguente tesi: "la Chiesa è libera di parlare, ma poi le istituzioni devono decidere autonomamente". Io la trovo insufficiente, non abbastanza netta: ma proprio nei documenti del Concilio Vaticano II - vedi Gaudium et Spes - ci sono posizioni sulla laicità più avanzate (e quindi - a fortiori - assai più avanzate di quelle sostenute oggi da ampi settori dell'Episcopato italiano e in particolare da Mons. Ruini).

I cattolici hanno nel loro DNA concezioni sullo stato e sulla sua laicità avanzatissime: le tirino fuori. La parte "laica" deve contribuire a mettere in campo - seriamente! - una strategia chiara e forte in difesa della vita, in particolare contro l'aborto: basata sulla prevenzione, il sostegno sociale e incentivi. E accogliere con chiarezza i valori cattolici - che, di per sé, sono tutti condivisibili, il problema è la loro applicazione - chiarendo ad es. che l'aborto è "un male" senza "se" e senza "ma". Qui sta il punto più delicato: capire che non si deve rinunciare a chiamare le cose con il loro nome, ma anche che uno stato liberale non mette in prigione chiunque non rispetti i valori o faccia qualcosa di "male"; a volte è meglio aiutarlo: altrimenti saremmo già da tempo tutti in galera!

mercoledì 28 maggio 2008

Il Coraggio di Cambiare

E' nata l'Associazione "Il Coraggio di Cambiare".
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Il nome lo dobbiamo a Rosaria Schifani, che al funerale di suo marito, http://www.youtube.com/watch?v=zJoZFtWmdIs, in Chiesa, disse agli uomini della mafia: "Io vi perdono ... a condizione che abbiate il coraggio di cambiare!" Lo stesso noi diciamo alla "Casta".

L'Associazione è aperta a tutti i rinnovatori democratici della politica, che credono nel buon governo, nella partecipazione, nella trasparenza, e che vogliono combattere "la deriva", la crisi della buona politica e dello Stato italiano, delle regole, e della convivenza civile. Propugna un rinnovato "patriottismo della Costituzione".
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I nove soci fondatori - Perché solo nove? Perché occorrevano una serie di documenti individuali, più il numero saliva più aumentava la complessità - hanno eletto un Consiglio Direttivo provisorio che è a disposizione dei soci e che dovrebbe avere il ruolo di comitato promotore. Hanno eletto un Presidente (GianMario Nava, architetto, esperto di questioni ambientali, torinese) e un vice-Presidente (Andrea Guerriero, calabrese). Ha eletto anche un Consiglio dei Saggi (composto da Gawronski, Scacciavillani e Lavalle). --> Nuove elezioni appena l'Associazione si è consolidata, magari a fine anno: le cariche attuali sono provvisorie e di servizio, per carità!
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Il 3 Giugno il C.D. ha indetto la sua prima riunione: "virtuale", cioè telematica, in video conferenza. GianMario Silvia e altri stanno lavorando ad un sito. Il lavoro è tanto, contattateci qui preferibilmente (o altrimenti su staffgawronski@gmail.com se proprio avete desiderio di riservatezza. O contattate Silvia Ceccarelli su stampagawronski@gmail.com) se volete offrire al C.D.:
(a) Idee sulle priorità e sull'o.d.g., in vista della riunione del 3 Giugno;
(b) Vs eventuali disponibilità
Io parto domani per Tricase (LC), dove farò visita ai promotori della locale "Lista Gawronski" durante le primarie del 2007, al PD locale, ecc.. Soprattutto per cercare di capire. Non siamo dei professionisti della politica, chiediamo cose semplici, fondamentali, abbiamo valori quasi "pre-politici" [http://blog.libero.it/road/]. Questi valori - nella situazione italiana di oggi - sono una forza che è difficile sopravvalutare: sono la nostra vera forza.