giovedì 3 aprile 2008

Alitalia

Alitalia si trova stretta nella morsa di Berlusconi e dei sindacati.
Nel 2001-2006, grazie agli amministratori politicizzati, incapaci, e superpagati, del governo Berlusconi, una linea aerea da sempre in difficoltà (anche a causa della scarsa disciplina sul lavoro) è diventata una catastrofe. Oggi, l’opzione di mercato – incarnata dall'offerta di Air France – è stata sabotata da questi signori, che si sono dati reciprocamente sponda, e che ora accusano nientemeno che il governo (che - ricordiamolo - si era già accordato con Air France, la quale però ha preteso l'"ok" anche dei sindacati) di "aver gestito male" la vicenda. E ora che si fa?

Berlusconi ha posto la questione della italianità della linea aerea. Perché? A noi che ce ne importa? Secondo lui, solo una proprietà italiana garantirebbe collegamenti adeguati fra l’Italia e il resto del mondo. Evidentemente, Berlusconi non ha mai lavorato in condizioni di libero mercato, ma sempre in mercati protetti e condizionati dalla politica. Una linea aerea efficiente, che sta sul mercato con le sue gambe, vola là dove conviene, cioè dove c’è domanda di trasporto aereo. Per il mercato, stranieri e italiani sono uguali: vanno a caccia di profitti, organizzando il servizio migliore possibile. Se i residenti in Italia o i visitatori esprimeranno una domanda di trasporto aereo da e per l’Italia, la linea aerea sarà felice di soddisfarla. In realtà Berlusconi sta dicendo un’altra cosa: Alitalia deve continuare a volare in base a criteri politici e non economici: per soddisfare non le esigenze dei consumatori ma di particolari gruppi e territori protetti dalla politica. (Questa posizione va oltre il servizio sussidiato alle isole, che è previsto in maniera trasparente dalle leggi dello stato). Sotto sotto, sta anche pensando che una vacca da mungere come Alitalia non deve essere sottratta al controllo dei politici italiani. Anche a costo di continuare a perdere soldi a palate (paghiamo noi, anzi il debito pubblico).

I sindacati pongono il problema della organizzazione interna: continuano a proteggere lobbies di lavoratori che in questi decenni hanno fatto i loro solenni comodi; anche a costo di mandare sul lastrico altri lavoratori che non c’entrano niente e che sarebbero dispostissimi a lavorare nella nuova disciplina proposta da Air France. Tra l'altro, tutte le compagnie aeree internazionali negli ultimi 15 anni si sono fuse con altre compagnie (vedi KLM, che pure era assai più sana di Alitalia), è restata fuori solo la nostra povera compagnia di bandiera!

Questa difesa degli interessi particolari, anzi dei privilegi particolari, a spese dell’interesse generale, promosso dalla nostra politica, affossa l’Alitalia, simbolo di tutto il paese.

PS: Notizia di oggi: "Indianapolis-based carrier ATA Airlines canceled all flights, effective this morning, and filed for bankruptcy protection. ATA said its latest effort to remain solvent collapsed after it lost an important contract for its military charter business". Già: anche le line aeree falliscono, quando non sono efficienti, quando hanno costi troppo alti e clienti insoddisfatti del servizio. Da un giorno all’altro.

4 commenti:

Maurizio Rondina ha detto...

Questo post su Alitalia di Piergiorgio con "zero" commenti, da 8 giorni, ha stimolato la seguente riflessione.

Un buona percentuale della campagna elettorale se ne è andata su questo tema delle sorti di Alitalia: lo ritengo il simbolo principe della povertà di argomenti della nostra casta... è come il giorno dopo della partita di calcio, ognuno deve dire la sua, e tutti si scoprono improvvisamente esperti. E gli organi di informazione "godono" soffiando sul fuoco dell' argomento e polarizzando l' attenzione generale, su questa questione. Ho sentito parlarne perfino gente che l' aereo non l' ha mai preso e mai lo prenderà in vita sua.
Mi chiedo: quanti sono veramente gli italiani che trepidano per le sorti della nostra compagnia di bandiera e non possono fare a meno di "volare" con Alitalia?

Ma torniamo ai nostri "attori" pseudo-politici, tutti indistintamente, che si stanno accingendo a mettere voti in granaio (unica loro preoccupazione). Perchè nessuno in tutta la campagna elettorale, e nemmeno nei programmi, ha detto come intende affrontare le questioni economiche generali ed internazionali, quale modello, come affrontare la globalizzazione, come e quanto liberalizzare, statalizzare o proteggere, come intervenire sui tanti altri settori industriali in primis la chimica, l' energia, le telecomunicazioni, solo per dire di settori ben più tosti e fondamentali di quello del trasporto aereo. Quelli si sono settori che toccano la quotidianità di tutti gli italiani, ed il loro futuro. La Chimica è stata affossata, per l' energia siamo in balia di ogni tubolenza internazionale, e non abbiamo un modello di sviluppo, per non parlare dei pasticci combinati con le telecomunicazioni, li nessuno si scandalizza di partecipazioni estere, o di cordate di imprenditori incompetenti, che fanno solo manovre speculative. Il problema è che in quei settori così strategici ci vuole competenza, programmazione e lungimiranza, tutte doti rare, nella casta.

E più in generale poi, non ci vogliono economisti luminari, per capire cosa c'è che non va.. è sufficiente guardare un sussidiario di geografia di quinta elementare... i settori economici primari e secondari, ovvero quelli produttivi raccolgono in termini di occupazione, molto al di sotto del 50% dei lavoratori nel nostro paese. Perfino in regioni ove non lo si potrebbe sospettare come quelle più prosperose. Queste sono le cifre: Veneto 45%, Piemonte 44%, Lombardia 43%, Marche 42%, Emilia-Romagna 40%. Solo cinque regioni dal 40% in su. Fanalino di coda "insospettabile" il Lazio con un misero 22% di occupati "produttivi".

Come possiamo pensare di cavarcela con il solo terziario, ovvero i 2 terzi delle persone che friggono aria intorno al restante terzo che produce?

Chi dei nostri politici ha posto sul campo una simile questione..

.. ma di Alitalia tutti sanno ormai tutto, tranne come andrà a finire!

E poi in questo blog e nel forum, c'è ancora chi sostiene che bisogna andare a votarli! Il voto è una cosa seria, non si sceglie se essere milanisti o romanisti, ma si sceglie il futuro del nostro paese. Ragazzi.. la politica è una cosa seria, e quello che ci propinano non è politica e non è serio.

Entrate anche voi con me, per una volta, nel partito dell' astensione di massa, è possibile faccia più percentuale del PD, ed il nostro risultato lo si saprà direttamente dal ministero dell' Interno minuto per minuto (dato dell' affluenza alle urne), prima di qualsiasi altro risultato, prima ancora che inizino gli scrutini e l' assurdo teatrino degli exit-poll, della sfilata in pompa magna di tutta la casta che non ammetterà mai qualsiasi evidenza, dei commenti infiniti..

Sono ultra convinto che politicamente conterebbe di più un 30-40% di non votanti, che un 2-3% in più o in meno ad uno qualsiasi di questi assembramenti pseudo-politici.

Carlo ha detto...

Caro Maurizio, rispetto la tua posizione come quella di Amerigo ma permettetemi di scrivere degli appunti critici. In ogni elezione (più o meno) c'è qualcuno che tenta di appropriarsi del segmento di popolazione che esprime l'orientamento astensionista. E' una scelta che in passato, sulla base di un ragionamento sulla situazione, formazioni come il partito radicale hanno di volta in volta effettuato. Ci sono poi piccoli gruppi, ad esempio nella galassia di estrema sinistra, che questo indirizzo lo assumono stabilmente.
Ma, chiedo per prima cosa, se si radunassero in una stessa piazza tutti gli astensionisti che probabilità si avrebbe di raggiungere accordi su alcuni obbiettivi minimi? Secondariamente, si è sicuri che tra le fila dell'area astensionista vi siano tutti galantuomini, avvezzi a rispettare le regole della buona convivenza civile? Per terzo, il fare piazza pulita della "casta" politica di per sé è misura risolutiva?
Sul primo punto ammesso che si realizzasse quanto auspicato, cioè il verificarsi di una quota di astensioni pari al 30-40% dei votanti non credo che l'effetto politico avrebbe conseguenze dirompenti. Potrebbe suscitare preoccupazioni, riflessioni, ma nelle democrazie europee ed occidentali il calo dei votanti è un fenomeno fisiologico che non scuote più di tanto il sistema politico. D'altra parte la speculazione intorno allo stato della democrazia (vedi R. Dahl) s'interroga da diverso tempo sugli sviluppi non sempre positivi dei regimi democratici. In questo quadro c'è un filone di pensiero che guarda alla webdemocracy come ad elemento che potrebbe consentire la rivitalizzazione e la risalita di società democratiche inaridite. Quanto al secondo punto, se ben comprendo l'argomentare, scontiamo una differenza significativa di analisi. Tu credi che la radice dei problemi in Italia sia l'esistenza di una "casta" politica corrotta e truffaldina, tolta di mezzo la quale il paese s'incamminerebbe verso la rinascita. Io credo all'opposto che il ceto politico sia lo specchio di un paese a tratti marcio e con scarso senso civile. Il ceto politico è parte di problemi più generali. Tutta la responsabilità alla politica è uno slogan per falso e deviante che esime la società dalle sue specifiche colpe.
Da qui conseguono naturalmente orientamenti di carattere
differente. In terzo luogo, l'esperienza storica non ci induce più a riflettere, non è più magistra vitae? Ma insomma dopo Tangentopoli quello che una volta si chiamava arco politico costituzionale è stato sbaraccato. Sono scomparsi partiti storici, di grande spessore, e sono stati sostituiti da altre rappresentanze. Basta cambiare la classe politica per risolvere i problemi?

Carlo Lavalle

Maurizio Rondina ha detto...

Apprezzo molto l' analisi di Carlo, e ne condivido larghi tratti, ma ad un certo punto una scelta bisogna pur farla, ed io ho optato per l' astensionismo, perchè non ritengo giusto votare per il meno peggio, e perchè sono certo che il mio "mandato" verrebbe disatteso e tradito. La mia è stata una scelta ragionata e ben soppesata, e riguarda solamente questa tornata elettorale, nella viva speranza che il quadro politico migliori in un prossimo futuro.
Che poi il 30-40% di astensionisti non sia spendibile, che sia fisiologico nelle democrazie occidentali, è purtroppo sotto gli occhi di tutti, ma è pur sempre un importante "termometro" di un disagio, che più è alto, più dovrebbe contribuire alla riflessione e ad una maggior presa di responsabilità. Mi spiace di essere indicato come chi "crede che la radice dei problemi in Italia sia l'esistenza di una casta politica corrotta e truffaldina, tolta di mezzo la quale il paese s'incamminerebbe verso la rinascita" questo è un pensiero che proprio non mi appartiene. Qui si stava parlando specificatamente degli "attori" dell' attuale campagna elettorale, non dei mali dell' italia.
Mi spiace che tu non abbia partecipato al post di Fabio del 31 marzo,
https://www.blogger.com/comment.g?blogID=5077976267308474529&postID=2987855158380535197
riguardante questioni economiche e del mondo produttivo, li abbiamo discusso di altri "mali" in cui il sistema politico centra molto meno.

Maurizio Rondina.

PierGiorgio Gawronski ha detto...

DUe risate sull'Alitalia:

http://it.youtube.com/watch?v=yCqRnMv_-dc

L'astensionismo non mi pare un'arma efficace per mandare dei messaggi ai politici: semplicemente se ne fregano. Allora meglio scegliere il meno peggio e poi battersi in altri momenti per far diventare il "meno peggio" migliore. Io la vedo così.