L’Unità del 27 Luglio 2008
La Democrazia e la libertà
Caro direttore,
mentre il centro-destra bersaglia la nostra democrazia con dosi importanti di legislazione e ideologia anti-costituzionali, il PD non può limitarsi a parlare di economia. I problemi del paese sono anche altri, ma sono anche gli equilibri democratici.
In Italia vi sono oggi due concezioni della democrazia, in tensione fra loro. Quella liberale, moderna, basata sulla divisione e l’equilibrio dei poteri, sui “contrappesi” democratici,; la Costituzione è quindi intesa come un patto fra tutti i cittadini sulle cose veramente importanti, su cui non si decide a maggioranza. La visione populista, o “giacobina”, ritiene invece che la maggioranza debba “prendere tutto”, non accetta ostacoli né limiti fuori di sé, essendo stata investita direttamente dal popolo. Questa concezione, riemersa in Italia negli anni “90 con lo “sdoganamento” della destra, è presente anche in Polonia, negli USA (Bush), nel Terzo Mondo, dove ha generato numerosi regimi “semi-autoritari”.
In questo quadro di tensione culturale e istituzionale, negli anni scorsi, il sistema elettorale maggioritario ha aumentato il potere politico della maggioranza: le pressioni della destra hanno evidenziato alcune “falle” nelle garanzie costituzionali sulla stabilità democratica. (vedi sotto). La stessa situazione attuale della divisione dei poteri è insufficiente, rispetto agli standard democratici occidentali: per questo Freedom House classifica l'Italia fra i paesi "parzialmente democratici". Alcuni esempi sono la concentrazione delle TV private, il controllo del governo sulla RAI, la mancanza di democrazia nei partiti, la scarsa autonomia delle Autorità Garanti e della Pubblica Amministrazione.
Nei mesi scorsi il PD ha tentato con il governo un dialogo inutile, che il P.D. ha “pagato” nei sondaggi. Non credo che il problema fosse il dialogo in sé, o i toni civili usati da Veltroni: questo è il bagaglio tipico di ogni Uomo di pace. Ma per dialogare ci vuole una identità. E il PD non ha dimostrato di averla, sul terreno della democrazia. In queste condizioni, il dialogo istituzionale scade necessariamente a una trattativa su qualche posto in RAI o nelle Commissioni Parlamentari. Di Pietro è apparso al contrario come l’unico a tenere la schiena dritta.
L’interruzione del “dialogo” non ha migliorato di molto l’immagine democratica del PD. Non basta più opporsi. La gente ci chiede di sfidare il centro-destra con un progetto per la democrazia e la libertà in Italia. Lo stesso dibattito sulla Legge elettorale è confuso. Meglio il maggioritario alla francese, e la maggiore stabilità delle maggioranze? O meglio - in assenza degli adeguati contrappesi democratici - il modello tedesco, più garantista? In realtà, conta la sequenza delle riforme. Per uscire dalla infinita transizione istituzionale iniziata nel 1993 occorre in primo luogo rafforzare le garanzie democratiche, per consentire alle nostre istituzioni di "reggere" un sistema elettorale maggioritario ed altre riforme volte a favorire la governabilità.
Ma il Pd, dopo aver denunciato - per bocca del suo leader - la “crisi democratica” in atto, è rimasto ancorato alle (tre) minime proposte avanzate da Veltroni durante le “primarie”. La prima - riguarda la “messa in sicurezza” della Costituzione - è: alzare il quorum (la maggioranza parlamentare minima necessaria) per le modifiche al Titolo I della Costituzione. Si tratta evidentemente di un equivoco - anche un po’ destabilizzante -, dato che il Titolo I contiene i principi fondanti della nostra repubblica che una celebre sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato “immodificabili”. La seconda – è: introdurre il monocameralismo, e modificare i regolamenti parlamentari, per accrescere la capacità di decisione del governo. Il che va bene per la governabilità, ma non è certo una risposta alla crisi della autonomia del Parlamento (più volte denunciata da Ralf Dahrendorf) rispetto al potere esecutivo: fenomeno aggravatosi con la concentrazione degli abnormi rimborsi elettorali nelle mani dei leader di partito, e con la scomparsa del voto di preferenza (i parlamentari della maggioranza dipendono ora al 100% dal primo ministro per il rinnovo del loro mandato). La proposta del P.D. è anzi pericolosamente coerente con la linea populista (tutto il potere alla maggioranza) perseguita dalla destra. La terza proposta è il ritorno al sistema elettorale maggioritario senza contrappesi, che tanta instabilità democratica ha generato nel 1994-2006. A ciò si aggiunge la parziale disponibilità del PD emersa sul “lodo Alfano”. Se questo è il bagaglio con cui il PD intendeva incalzare Berlusconi nel dialogo istituzionale, esso mi pare inadeguato.
Ad esempio, per mettere in sicurezza della Costituzione, il PD potrebbe proporre al centrodestra di alzare i quorum per le modifiche di tutta la Costituzione, soprattutto in caso di passaggio a un sistema elettorale maggioritario: in questo caso, meglio addirittura – con audace innovazione istituzionale - proporzionalizzare le votazioni sulle modifiche alla Costituzione, ponderando i voti dei parlamentari. Il PD potrebbe anche proporre a Berlusconi di sanare la svista del Costituente, emersa con chiarezza nel 2006, che impedisce alla Corte Costituzionale di valutare l’ammissibilità dei referendum costituzionali (soprattutto per quanto attiene al rischio di quesiti multipli o non univoci, che aprono la possibilità di proposte eversive confuse in mezzo a altre norme, in un unico “prendere o lasciare”).
Per attuare della Costituzione, nelle parti che prevedono i fondamentali diritti civili dei cittadini, il PD potrebbe incalzare il centrodestra con proposte relative, per esempio, all’Art.49 (primarie; democrazia nei partiti, ad es. sul modello tedesco), o dell’Art.97 (terzietà della Pubblica amministrazione, carriere in base al merito e non in base a logiche politiche; diritto dei cittadini di competere tramite concorsi regolari per i posti disponibili).
Per aggiornare la Costituzione il PD potrebbe proporre, ad es., una norma costituzionale sulla indipendenza delle Autorità Garanti. Si tratta di istituzioni fondamentali per le moderne democrazie in Italia; già oggi dotate di scarsa indipendenza, ed oggetto dal 1994 di continui attacchi da parte del centrodestra (il più recente pochi giorni fa, con un emendamento sull’Authority per l’Energia), che mira a sottometterle al potere esecutivo. Oppure il PD potrebbe dare una risposta alle polemiche sulla “casta” introducendo (con cautela) in Italia dosi maggiori di democrazia diretta: il “referendum propositivo”, che dà maggiore potere ai cittadini. Il PD potrebbe rendere noto un suo progetto per rilanciare il pluralismo televisivo, e l’autonomia della RAI dal governo. Persino: incentivare i grandi giornali ad accogliere più contributi “esterni” (sull’esempio anglosassone). Oppure ancora, dopo le sentenze relative ai pestaggi del G8 di Genova, a protezione dei diritti civili potrebbe proporre: il numero identificativo sul casco dei poliziotti (che rende possibile identificare i violenti); il divieto generico di impedire riprese e foto; la legge contro la tortura. E tralascio le tante questioni relative alla crisi della giustizia.
Non ho parlato dello spoils system, dei conflitti di interesse dei politici eletti, che attribuiscono a se stessi, a familiari, e compagni di cordata incarichi (veri o finti) senza preoccuparsi del risultato per il cittadino: un uso non democratico del potere. “D’altronde è giusto che il Ministro si circondi di gente di sua fiducia!” mi diceva un membro del governo Prodi. E’ giusto? In Africa, una volta, il vincitore si portava dietro la sua tribù. La civiltà democratica sarebbe un’altra cosa. Non sarà che la crisi democratica e la cattiva governance c’entrano qualcosa con il declino anche economico del paese?
Le c.d. “Fondazioni” stanno facendo davvero un ottimo lavoro sulle riforme istituzionali. Ho l’impressione però che siano insufficienti. In assenza di un indirizzo politico chiaro sulle priorità, esse tendono a ridursi a mera ingegneria istituzionale per far “funzionare meglio” le istituzioni:occorre invece dare un respiro democratico ampio alla nostra proposta per la democrazia, la libertà, la partecipazione, la governance: che sia anche ideologica e popolare. Auspico quindi la convocazione in Novembre di una Assemblea Nazionale programmatica dedicata unicamente ai temi della democrazia e la libertà. Dove ci si divide e si vota, ma dalla quale esca una piattaforma ampia, chiara e popolare.
PierGiorgio Gawronski
Membro della Direzione Nazionale del Partito Democratico
10 commenti:
condivido la tua riflessione sulla questione identitaria, non è un caso che i partiti con forte identità ed un messaggio chiaro (caratteristiche che non siginificano automaticamente giusto) abbiano fatto megliod egli altri.
Per quanto riguarda l'aspetto meritocratico nello spoil system, credo che ci sia la convinzione che certe cariche siano solo "politiche" e non necessitino di chiare competenze tecniche. Gli effetti di questa errata convinzione sono davanti agli occhi di tutti.
spero che almeno l' Unità lo abbia pubblicato.. e senza tagli. In bocca al lupo! Italia..
Democrazia e Libertà. Due parole importanti, spesso abusate da quanti non ne conoscano il vero significato; entrambe - già per definizione - strumento indispensabile per difendere i propri diritti, sia di uomo che di cittadino. Se prestiamo fede alla derivazione greca del termine "democrazia", ci si rende conto come - nella politica attuale - il potere appartenga a tutti, tranne che al popolo. E francamente non riesco ancora a capire che posizione abbia assunto il Partito democratico in merito alla presente questione.
Trovo interessante l'articolo di PierGiorgio, specie perchè alle parole unisce delle proposte concrete, atte a migliorare lo stato, attualmente molto fragile, della nostra Costituzione.
Spero che l'Unità lo abbia pubblicato.
Silvia C.
Caro Piergiorgio, ho letto la tua lettera pubblicata sull'Unità e trovo che in essa ci siano degli spunti interessanti. Per esempio il fatto già evidenziato da Marco concernente lo spoils system all'italiana. Del resto questo aspetto era già parte del programma evidenziato nel tuo sito.
La questione della democrazia ha varie sfaccettaure. Il dibattito sulla crisi dei regimi democratici è ampio e ha varie voci.
Come e dove si aggancia il problema della libertà con quello dell'uguaglianza?
Io non penso che la discussione sulla liberal-democrazia possa eludere il tema dell'organizzazione economica. Posso citare per esempio il testo di Colin Crouch "Postdemocrazia" in cui si pone in maniera chiara il problema del rapporto tra posizione economica e accesso differenziato al potere politico (o al potere in generale aggiungo). Quando si parla di società del merito, come giustamente sottolineano Alesina e Giavazzi, dobbiamo affrontare e contrastare la discriminazione in base al censo. In Italia, un appartenente ad un ceto popolare quante possibilità ha di ascensione nella scala sociale? Il regime democratico italiano è fornito di strumenti adeguati?
Che cosa facciamo per ovviare a questa distorsione?
Le differenze di condizione economica e sociale non necessariamente si cristallizzano in privilegi. A me pare che in Italia la realtà vada purtroppo in questa direzione.
Costruire in Italia una vera democrazia. Ma non è questa la missione che un partito democratico dovrebbe proporsi, l'dentità che dovrebbe caratterizzarlo? Sembra la cosa più ovvia del mondo. Ma pare non sia così... Su ogni questione importante prevale il tatticismo, la paura di fallire, l'incertezza e così gli ideali di democrazia e libertà se ne vanno a farsi benedire, la costituzione la mettiamo sotto al tappeto, e si accetta pure il lodo Alfano.
In un momento di crisi democratica come questo, credo che le proposte di Piergiorgio sarebbero tutta salute e un po' d'aria fresca per il pd.
Credo, anche, che il momento sia propizio per avanzarle. Mi sembra, infatti, che da troppo tempo nel pd ci sia una stasi, un'inerzia che sono segno di gravi crisi e rivalità interne, almeno io me le spiego così. Fossi in Veltroni, che secondo me, l'ho detto e lo ripeto, non è il peggiore dei leader possibili, accoglierei di buon grado proposte come queste, vista l'assoluta mancanza di progettualità (a giudicare dalle proposte che cita P.Giorgio) su questi, che dovrebbero essere i temi fondanti di un partito che si definisce democratico.
Per il problema che pone Carlo, sulla possibilità di realizzare democrazia e meritocrazia in mancanza di un'ordine economico che possa garantire giustizia sociale e pari opportunità, io sono d'accordo con lui. Anzi, questo è un problema che m'ha assillato da sempre, portantomi anche a scelte radicali in gioventù. Ma forse bisogna fare un passo alla volta.
Per quanto mi riguarda, quando si parla di crisi della democrazia non posso fare a meno di pensare al grande vecchio: Noam Chomsky, che meglio di ogni altro, da quel grande linguista ed esperto di comunicazione che è, mette in luce l'impossibilità di democrazia effettiva in un sistema mediatico in cui pluralismo dell'informazione e libertà di stampa,gangli vitali di ogni sistema democratico, sono ridotti a macchina da indottrinamento al servizio del potere politico ed economico.
Cara Isabella tu citi Chomsky e non puoi che sollecitare la mia riflessione. Si anche questo problema cui tu accenni è importante relativamente alla discussione sulla democrazia.
Su tale argomento ho scritto qualcosa (leggi qui : http://www.kalidoxa.com/index.php?act=article
&sub=show&id=138)
La posizione di Chomsky è drastica.
Ci sono posizione più sfumate. Tuttavia è chiaro che il controllo sui mezzi di informazione è vitale. Berlusconi docet.
D'altro canto, dentro questo tema sta anche la questione dell'incidenza del mezzo televisivo nella formazione dell'opinione. Anche qui le valutazioni sono disomogenee.
Sartori, Baudrillard, Bourdieu, Popper, Vattimo.
Comunque, per quanto attiene al problema del rapporto tra democrazia e organizzazione economica dico soltanto che occorre ritornare ad occuparsene.
L'eclissi del marxismo ha come cancellato la questione sociale dall'analisi. E' un errore. C'è un "liberalismo" che pure avendo criticato il pensiero marxista ha continuato a tenere in considerazione il nesso tra politica e società.
Carlo,
ho letto il tuo articolo su katadoxa ed è interessante. Sai che ho avuto il piacere di conoscere personalmente De Kerchkove in occasione di un convegno organizzato da noi qui in ufficio? Ha scritto anche un pezzo per una nostra pubblicazione. A dispetto dell'età è ancora una persona meravigliosa, con la quale ti senti un bel po' di gradini più in alto rispetto alla realtà.
So bene che le nuove tecnologie hanno reso possibile una forma di comunicazione meno unidirezionale, più interattiva e indipendente e che questo avrà effetti positivi sulla formazione di un'opinione pubblica più autonoma. Per questo amo internet e uso la rete per informarmi. Però dico anche che purtoppo non sono ancora moltissimi coloro che usano Internet nel giusto modo e ne sfruttano le opportunità. Comunque si è accesa una grande speranza. Adesso, purtroppo, ogni volta che accendo la TV non posso che dar ragione a Chomsky.
Anch'io, Carlo, continuo a pensare che occorra porsi il problema della questione sociale che oggi sta assumendo tinte davvero preoccupanti. Io non ho mai smesso di pensarci. E' nel DNA mio e della mia famiglia di tradizioni socialiste, anche se libertarie, e me ne sono sempre vantata. Con l'espressione "un passo alla volta" non volevo assolutamente dire mettiamo da parte il problema. Ci mancherebbe!
Ok: se questo è il momento giusto per lanciare queste (e non solo queste) proposte sulla democrazia, facciamolo! Usiamo il convegno cghe stiamo organizzando per un lancio in grande stile. Abbiamo un mese di tempo!
Carlo: se hai proposte concrete sul rapporto fra classe sociale e partecipazione democratica, segnalacele sul blog. Certo che il tema è importante e per quel che mi riguarda la proposta di ridurre drasticamente i tetti delle spese elettorali è una piccola-grande proposta nella direzione che dici tu.
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