venerdì 6 febbraio 2009

La trappola del caso Englaro

Oggi mi sono imbattuto in una manifestazione contro Berlusconi sul caso Englaro: bandiere della CGIL e di Rifondazione, e altre... Slogan, grida. Ho pensato che su un tema così delicato, così misterioso come la vita, così intimo, con una famiglia che soffre sbattuta in prima pagina e tirata da tutte le parti, non me la sarei sentito, personalmente, di scendere in piazza a manifestare. Stessa cosa le manifestazioni per la vita attorno alla clinica dove è ricoverata la Englaro. Vorrei molto più raccoglimento, molta più riflessione, molto più ascolto, molta più umiltà di fronte al dolore e al mistero.

Anche perché Berlusconi attizza per farci dimenticare altri problemi, divide per imperare, provoca per suscitare le nostre reazioni (il più scomposte possibile) sul terreno che lui sceglie nel momento che lui sceglie. Una trappola. Il caso Englaro va avanti da mesi e anni, e solo ora ha deciso di affrontare il problema, con un Decreto Legge?!?

In questi mesi sto studiando il tardo impero (e Bisanzio). Ogni volta che un imperatore sollevava questioni religiose o etiche, l'opinione pubblica si infiammava e si divideva, lo stato si indeboliva, e i barbari facevano progressi... Non è saggio dividere in questo modo un paese in crisi. Capisco l'importanza della legge sul testamento biologico: ma c'è modo e modo.

7 commenti:

Unknown ha detto...

La vita è un dono.
Ma vivere significa sorridere, correre, parlare, amare, condividere ogni pensiero ed ogni sentimento con chi ci è accanto. Eluana non è più la ragazza che conosciamo attraverso le foto pubblicate sui quotidiani. Eluana è una donna; una donna distesa sul letto di un ospedale, e alimentata solamente da un sondino artificiale che le attraversa il corpo. Senza più alcuna espressione sul volto. Senza più luce in quei suoi occhi sorridenti. Si continua a parlare del valore della vita. Io in tutto questo vedo il dolore di un padre e di una madre, reso ancora più insostenibile dall'invadenza della gente, che non vive in prima persona il dramma di una malattia che ha tolto giorno dopo giorno i petali di un così bel fiore. Inviterei tutti al silenzio e alla riflessione. La vita è un'altra cosa.
Silvia C.

Tekisui ha detto...

salve, mi trova molto d'accordo su ciò che ha scritto in questo breve post:
gli italiani hanno il brutto vizio di fare di ogni tragedia "una saga" televisiva... di ogni principio etico, una posizione politica.
Il caso Englaro è nato dalla volontà di un uomo, il padre di quella povera ragazza, di coinvolgere l'opinione pubblica e la politica nella tragedia che ha colpito la sua famiglia, ma che riguarda anche un numero considerevole di casi, per fare in modo che la legge a riguardo cambi.. ora si è trasformato in uno scontro istituzionale.
In Italia l'Eutanasia è quasi considerata alla stregua di un omicidio volontario.
Nel celebre caso di Piergiorgio Welby addirittura di un suicidio! Difatti la Chiesa non gli ha concesso le esequie ecclesiastiche...
La battaglia etica che si combatte e si combatterà ancora in Italia per tale "pratica" difficilmente si risolverà. Ma tutti coloro che la affrontassero su piano istituzionale e legislativo, dovrebbero fare appello anche a coscienza e buon senso e non solo seguire come pecore la fazione etico/politico/religiosa nella quale si riconoscono.
Non minimizziamo il caso Englaro ad uno scontro politico o ad un movimento di piazza.
Non riduciamo la vita di Eluana, come si qualsiasi altra persona, ad "un valore" di destra o sinistra: la vita è un valore per tutti. Deve esserlo.
Il difficile sarà definire cosa è vita e cosa no... ma questo non spetta né ai politici né al Vaticano.

Tekisui ha detto...

chiedo scusa...
mi sono perso in uno sfogo commentando la prima parte del vostro post.
Ma sui dubbi espressi nella seconda già non avevo dubbi: non è la prima volta che "un caso" (sia esso etico, scandalistico, di cronaca) più o meno eclatante venga messo in primo piano dai mass media e strumentalizzato a fini politici... ma da noi è un'abitudine del Governo mi sembra.

Anonimo ha detto...

Le manifestazioni in genere sono un simulacro della rivouluzione.
L'agire di B. Englaro è rivoluzionario per la morale imperante, e umanamente pietoso.
L'agire del PD anche su questo caso è pietoso e basta.
Il mio giudizio sul PD è impietoso: staccategli la spina subito.

Anonimo ha detto...

Ernesto ruffini mi invia questa email:

..."L'interruzione di procedure onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'accanimento terapeutico. Non si vuole così
procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la compenteza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente ..."
(tratto dal Catechismo della Chiesa Cattolica)
PierGiorgio

Anonimo ha detto...

Pietro ICHINO - Intervento al Senato. Sessione pomeridiana. Discussione
generale sul disegno di legge presentato con urgenza dal Governo in
materia di trattamenti dovuti nelle situazioni di confine tra vita e morte.

Signor Presidente, Colleghi, Rappresentanti del Governo
Vorrei distinguere, nel mio intervento, la parte che svolgo nella mia
veste di politico e quella che svolgo come cristiano, o almeno aspirante tale.
Non perché questo mi conduca a due conclusioni diverse, ma perché mi sembra
necessario sottolineare una distinzione tra i due piani del discorso,
che troppo sovente è ignorata o trascurata.
Nella veste di membro, laico, del Parlamento di una Repubblica laica,
chiamato a stabilire quale sia il confine tra vita meramente biologica e
vita umana, tra stato vegetativo reversibile e irreversibile, ritengo
che la legge debba limitarsi a definire il confine al di qua del quale c'è
sicuramente vita umana da difendere con ogni mezzo, e il diverso confine
al di là del quale il corpo umano può e deve essere considerato a tutti gli
effetti morto. Questi sono i soli certi fines, i confini sicuri, che un
ordinamento civile può e deve porre. Ed essi non sempre coincidono tra
loro. Dico che non coincidono perché tra di essi talvolta si presenta una
sorta di zona grigia, una zona di ragionevole opinabilità - corrispondente a
quella che gli anglosassoni chiamano band of reasonableness delle opzioni
possibili - dove possono verificarsi una infinità di situazioni-limite particolari
la cui qualificazione è controvertibile.
Qui, a ogni cittadino deve essere consentito, con l'assistenza del
medico o di altro consigliere qualificato di sua scelta, agire secondo la propria
coscienza. Per quel che mi riguarda, in una situazione nella quale, come nel caso
di Eluana Englaro, fosse ragionevole ritenere irreversibile la mia totale
perdita di coscienza, cioè ritenere il mio corpo di fatto condannato a
una vita puramente vegetativa, privato irreversibilmente di mente e
coscienza, sentirei gravemente lesa la dignità della mia persona se quel corpo
venisse mantenuto in vita per lungo tempo, ancorché nel modo più amorevole e
rispettoso. Penso che questo senso di ribellione all'idea di una
prolungata permanenza forzata in vita del proprio corpo privato per sempre della
coscienza sia condivisa dalla grande maggioranza dei miei concittadini.
Per questo ritengo che un legislatore laico, fissati i confini della zona di
ragionevole opinabilità, debba riconoscere ai familiari di chiunque si
trovi in una situazione di questo genere la libertà di scegliere secondo
coscienza: di scegliere, cioè, se continuare o no ad alimentare una vita
che può essere altrettanto ragionevole ritenere ancora vita umana, quanto
non ritenerla più tale. È evidente, oltretutto, che in una situazione di questo genere
l'alimentazione forzata equivale sostanzialmente a un trattamento
terapeutico: obbligare i parenti della persona non cosciente a
praticarlo violerebbe il principio costituzionale che garantisce il diritto di
rifiutare le cure.
Detto questo, e parlo ancora come membro, laico, del Parlamento di una
Repubblica laica, rispetto e difendo il diritto di chiunque, nel nostro
Paese, quindi anche dei vescovi e in generale del Magistero
ecclesiastico
cattolico, come degli esponenti di ogni altra chiesa o comunità
religiosa, di esprimere liberamente la propria opinione sul discrimine tra vita e
morte, tra vita biologica e vita umana, e anche su che cosa la legge
dovrebbe stabilire al riguardo: dissento dunque recisamente da chi vede
negli interventi delle Autorità religiose sul terreno
politico-legislativo una ingerenza indebita o comunque una scorrettezza.
È come cristiano - forse sarebbe meglio dire: come persona impegnata a
coltivare intensamente il patrimonio plurimillenario della tradizione
biblica -, è in questa veste che mi rammarico di interventi del tipo di
quelli che la Chiesa cattolica con frequenza compie su ciò che questo
Parlamento deve o non deve fare. E mi rammarico dell'atteggiamento - che
non esito a definire clericale, nel senso peggiore del termine - di un
Governo che a questi interventi assoggetta programmaticamente e sistematicamente
il proprio agire; incurante, oltretutto, del fatto che della nostra
tradizione biblica non è depositaria soltanto la Chiesa cattolica, ma anche altre,
come quelle protestanti e in particolare quella valdese; ne è depositaria
pure, e da molto prima, la Comunità israelitica. E tutte queste, dalle
Scritture, traggono insegnamenti di etica politica talora profondamente diversi
rispetto alla Chiesa cattolica.
In consonanza con tanta parte di questa grande comunità di persone che
nella tradizione biblica cercano il senso della propria vita, penso che
la testimonianza di una Chiesa cristiana non debba mai consistere
nell'indicare la soluzione giuridico-legislativa specifica da preferire, né tanto meno
le concrete modalità dell'impegno politico; penso che essa invece debba
educare i cristiani all'esercizio responsabile della propria coscienza,
lasciando che proprio quest'ultima resti il punto di riferimento fondamentale per
ciascuno di loro nelle scelte politiche, giuridiche, tecniche. Pietro
Scoppola amava citare, a questo proposito, un'affermazione del Concilio
Lateranense IV del 1215: "Quidquid fit contra conscientiam aedificat ad
Gehennam" ("qualsiasi cosa che si faccia contro la propria coscienza
prepara all'Inferno"). Ultimamente, la Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II
ha detto, con altre parole, la stessa cosa (§ 16): "L'uomo ha in realtà una
legge scritta da Dio dentro al suo cuore: obbedire ad essa è la dignità
stessa dell'uomo e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il
nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con
Dio". Nelle materie che vanno "rese a Cesare" (Mt., XXII, 21) - e tra
queste vi è certamente la materia della legislazione civile - le scelte
operative devono esprimere i valori in cui crediamo attraverso la mediazione della
coscienza di ciascuno di noi.
"Rendere a Cesare quel che è di Cesare" significa rispettare la laicità
dello Stato, della sua politica, della sua legislazione. Questa laicità
è sostanzialmente il metodo che consente a tutte le persone di buona
volontà di trovare un terreno comune sul quale mettere in comunicazione le loro
coscienze, ispirate a fedi e filosofie anche molto diverse, per
cooperare nella ricerca delle soluzioni tecniche, politiche, legislative migliori
per il bene del Paese. Quel terreno comune viene meno se c'è qualcuno che su
di esso (quello, appunto, che il Vangelo ci invita a "rendere a Cesare"),
si presenta con la verità in tasca, già bell'e confezionata, certificata
con il sigillo della conformità alla volontà di Dio. Con gli occhi di chi legge
la Bibbia, vedo in questa pretesa una violazione del secondo Comandamento:
"non nominare il nome di Dio invano".
Per concludere, chiedo alla Chiesa di affermare con forza il valore
della vita; ma di rendere alla scienza ciò che le è proprio. Lasciare, cioè ai
neurologi la valutazione tecnica circa l'irreversibilità della scomparsa
di una componente essenziale della vita umana: la mente, la coscienza;
lasciare, più in generale, ai medici la scelta del modo concretamente
più umano e caritatevole di trattare, nella loro infinita varietà, i casi in
cui si determina questa scomparsa irreversibile. È compito della Chiesa
continuare a educare con rigore e passione le persone ai valori
evangelici; ma essa deve lasciare loro - e in particolare a quelle che sono
impegnate negli organi legislativi e amministrativi dello Stato - la libertà di
compiere secondo coscienza le scelte proprie della funzione civile o
professionale che esse svolgono, confrontandosi in proposito con le
persone di fede diversa senza la pretesa di possedere in quel campo una verità
rivelata, direttamente attinta dalla volontà divina. Anzi, credo che la
Chiesa debba vegliare a che nessuno avanzi questa pretesa, nessuno violi
il secondo Comandamento.
Al Governo e al Parlamento chiedo di riconoscere e proteggere, come
impone la Costituzione, nella zona tra i due confini - della certezza di vita
umana da una parte, della certezza di morte dall'altra -, quella band of
reasonableness delle opzioni possibili, all'interno della quale ogni
cittadino, cristiano o no, deve poter decidere e agire secondo la
propria coscienza.

Anonimo ha detto...

Non sono riuscita a trovare in poco tempo su questo blog la mozione presentata da gawronski sulle questioni etiche sottoscritta anche dalla senatrice Binetti, vista l'importanza e l'attualità dell'argomento penso sarebbe importante metterla in evidenza. grazie. Rosanna Ol.