N.B.: Cedo volentieri questo blog a Marco Wong, capolista di una nostra lista di immigrati e di cittadini italiani figli di immigrati alle recenti elezioni primarie del P.D. Marco Wong è nato in Italia, figlio di genitori cinesi, è un manager in una società multinazionale. Ha deciso di impegnarsi con noi nel PD sulle questioni dell'immigrazione.
E' il momento dei sindaci in cerca di visibilità mediatica, più che di reali soluzioni istituzionali.
Un esempio è l'invito di un sindaco del Veneto ad emigrare: gli italiani avrebbero così più diritti che nel proprio paese, come viene esplicitato nei cartelloni elettronici del comune che riportano l'invito "cittadini, emigrate! Vivrete meglio da immigrati in un'altra nazione che da cittadini nel vostro paese."
L'iniziativa sarebbe nata come provocazione per porre l'attenzione sul fatto che, secondo il primo cittadino di tale comune, gli immigrati godrebbero di maggiori diritti rispetto agli italiani. Questo è del tutto inesatto, visto che un cittadino straniero non può per esempio votare, deve periodicamente richiedere un permesso per soggiornare in Italia con conseguente grado di incertezza sul proprio futuro a lungo termine, non può partecipare a concorsi nella pubblica amministrazione e così via.
L'altra iniziativa è quella dell'ordinanza di un altro comune nel bergamasco per la quale i requisiti per il matrimonio vengono rivisti introducendo la verifica ai cittadini stranieri che vogliano sposarsi in quella cittadina, allo scopo, secondo il primo cittadino, di evitare i matrimoni di "comodo" e richiedendo loro, come documentazione addizionale, il permesso di soggiorno. Il matrimonio è regolato da una legge nazionale, e non è compito dei sindaci di modificare le leggi, è quindi chiaro lo scopo propagandistico dell'iniziativa. Una iniziativa per la quale, per esempio, il comune di Bracciano avrebbe dovuto rifiutare il matrimonio di Tom Cruise in quanto cittadino extracomunitario senza permesso di soggiorno, e quello di Firenze non avrebbe potuto unire in matrimonio David Bowie con la top model Iman perchè somala e priva dei requisiti di residenza. Iniziative che purtroppo testimoniano il grado crescente di confusione istituzionale e di chiusura nei confronti dell'esterno.
E' il momento dei sindaci in cerca di visibilità mediatica, più che di reali soluzioni istituzionali.
Un esempio è l'invito di un sindaco del Veneto ad emigrare: gli italiani avrebbero così più diritti che nel proprio paese, come viene esplicitato nei cartelloni elettronici del comune che riportano l'invito "cittadini, emigrate! Vivrete meglio da immigrati in un'altra nazione che da cittadini nel vostro paese."
L'iniziativa sarebbe nata come provocazione per porre l'attenzione sul fatto che, secondo il primo cittadino di tale comune, gli immigrati godrebbero di maggiori diritti rispetto agli italiani. Questo è del tutto inesatto, visto che un cittadino straniero non può per esempio votare, deve periodicamente richiedere un permesso per soggiornare in Italia con conseguente grado di incertezza sul proprio futuro a lungo termine, non può partecipare a concorsi nella pubblica amministrazione e così via.
L'altra iniziativa è quella dell'ordinanza di un altro comune nel bergamasco per la quale i requisiti per il matrimonio vengono rivisti introducendo la verifica ai cittadini stranieri che vogliano sposarsi in quella cittadina, allo scopo, secondo il primo cittadino, di evitare i matrimoni di "comodo" e richiedendo loro, come documentazione addizionale, il permesso di soggiorno. Il matrimonio è regolato da una legge nazionale, e non è compito dei sindaci di modificare le leggi, è quindi chiaro lo scopo propagandistico dell'iniziativa. Una iniziativa per la quale, per esempio, il comune di Bracciano avrebbe dovuto rifiutare il matrimonio di Tom Cruise in quanto cittadino extracomunitario senza permesso di soggiorno, e quello di Firenze non avrebbe potuto unire in matrimonio David Bowie con la top model Iman perchè somala e priva dei requisiti di residenza. Iniziative che purtroppo testimoniano il grado crescente di confusione istituzionale e di chiusura nei confronti dell'esterno.