domenica 12 ottobre 2008

Il Convegno sulla democrazia

Il convegno del 4 Ottobre ha dimostrato che - oltre alla denuncia sui "rischi democratici", è possibile e necessario per il PD darsi un vasto programma proattivo per una crisi democratica che non è di là da venire, ma che è già in atto. Intanto, parte il referendum contro il "Lodo Alfano", cioè contro l'impunità penale delle massime cariche dello Stato.
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P.S.: Per chi non c'era, alcune proposte emerse dal convegno sono le seguenti. Introdurre il referendum propositivo; costituzionalizzare l'indipendenza delle Autorità Garanti; togliere la governance della RAI ai partiti (proposta de Zulueta), introrurre un minimo di controlli preventivi (e non solo a posteriori, quando il danno è fatto) sulla costituzionalità delle Leggi ordinarie; sottoporre la politica a regole trasparenti nella sua gestione della Pubblica Amministrazione; aprire i partiti politici alla partecipazione democratica (primarie, Art.49 Cost.), la difesa dell'indipendenza della Magistratura. Sono proposte che vanno tutte nella direzione di de-politicizzare la vita del nostro paese. Cos'altro? Il numero identificativo sui caschi delle forze dell'ordine, incentivi ai giornali che aprono ai contributi esterni...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro PierGiorgio,



l'incontro romano mi ha molto interessato. Molti dei contenuti del convegno mi trovano in sintonia, soprattutto le denuncia razionalmente argomentata della distruzione del merito o del semplice voler fare in un Paese come il nostro.



Non ho condiviso l'intervento di Balboni e ho scritto qualche considerazione che posto sul tuo blog.

Osservazioni sull’intervento del prof. Enzo Balboni

SE LA MAGISTRATURA SIA DA CONSIDERARSI UN POTERE E SE ESSA DEBBA ESSERE AUTONOMA.

La magistratura non è, ne ha, un potere.

Balboni, per difendere la tesi sull’autonomia della magistratura mi opponeva la definizione classica del potere come: la possibilità di far fare a qualcuno, ciò che da se stesso spontaneamente non farebbe.
Questa definizione può valere per i totalitarismi, i dispotismi e tutte le forme autoritarie del potere politico, ma non per la democrazia.
In democrazia non esistono poteri nel senso in cui ne parlava Balboni e nel senso in cui comunemente si parla. In democrazia il potere politico può essere così definito:
“il potere politico non può fare tutto, o ciò che gli pare; la politica in democrazia è l’esercizio di un governo limitato dai principi di una Costituzione e dal mandato che riceve dal voto dei cittadini.”
Esistono poteri in una democrazia, i più vari, ma non il potere, e sono tutti limitati. Tra questi, il potere politico è quello che maggiormente determina effetti sulla vita dei cittadini, e lo definiamo legittimamente politico, perchè esso governa la polis, la civitas, investe con la sua azione la cittadinanza, e per questo è direttamente soggetto alla sovranità dei cittadini.
Tutti gli altri non sono poteri politici, perché non soggetti direttamente alla sovranità dei cittadini. Questi sono poteri fortemente limitati dai, e ai, contesti dentro i quali esercitano delle funzioni finalizzate a garantire servizi alla comunità.
Di questa natura è il potere dei giornalisti, dei medici, degli insegnanti , etc. In questo ambito ricade anche il cosiddetto potere dei magistrati che non ha nulla di politico. I magistrati assolvono ad una funzione totalmente impolitica, né più né meno di tutti gli altri soggetti che agiscono in vista di assicurare particolari servizi ai cittadini.
Di conseguenza, la funzione del magistrato consiste solo nell’assicurare un servizio reso ai cittadini: questo servizio consiste nella l’applicazione della legge per giudicare dei reati. I Magistrati disporrebbero di un potere politico solo se le leggi fossero soggette ad interpretazione. Ma in una democrazia le leggi non si interpretano, vanno solo applicate.
Una democrazia verrebbe gravemente compromessa se l’applicazione della legge fosse subordinata alla sua interpretazione. E questa è proprio la fattispecie di un Paese come l’Italia, nel quale il vulnus alla legalità promana direttamente dalla oscurità delle sue leggi, che ne richiedono l’interpretazione all’atto di applicarle. Nel nome di una democrazia moderna, efficiente e rispettosa delle libertà individuali, i magistrati dovrebbero rifiutare il potere che a loro deriva dalla oscurità delle leggi e, piuttosto che rivendicare il loro potere, dovrebbero rivendicare la chiarezza delle leggi.
Balboni asseriva che il magistrato ha un enorme potere perchè decide della condanna o assoluzione del cittadino. Ciò sarebbe vero se il magistrato interpretasse le leggi. Ma egli non fa questo: egli deve solo applicare la legge e,quindi, il potere di condanna e assoluzione sta solo nella legge scritta e non nella persona che l’applica.


Rivendicazione dell’autonomia e conservazione di privilegi.

L’Italia è un Paese nel quale non c’è appartenente ad una qualche corporazione o ordine, che non rivendica una qualche autonomia. Non si capisce mai da che cosa costoro rivendicano l’autonomia. Talvolta capita di comprendere che la rivendicazione della loro autonomia è rivolta al potere politico. Ma anche se così fosse, tale rivendicazione non avrebbe fondamento, perché il cosiddetto potere politico, in democrazia è espressione della sovranità che riposa nel corpo dei cittadini. E’ curioso, ma magistrati e giornalisti, professori e altri ancora, quando rivendicano la loro autonomia dimenticano che la nostra, per quanto imperfetta è una democrazia, e questa conferisce a chi governa il potere di fare leggi che, se non contrarie alla Costituzione, vanno osservate. E ciò vale in particolar modo per i magistrati, i quali non solo come tutti i comuni cittadini devono osservarle, ma devono anche applicarle.
Ma più spesso tale rivendicazione è solo una copertura per la conservazione di privilegi e rendite di posizione e,dunque, tale autonomia rivendicata contro il potere politico è solo un modo per mistificare una richiesta di essere considerati come autonomi dalle leggi.
In democrazia non ha senso alcun autonomia che non sia quella che promana e viene garantita dai principi di libertà sanciti in Costituzione. Per tutto il resto rimaniamo eteronomi sia rispetto ai principi costituzionali, che alle leggi legittimamente varate da un governo espressione di un voto libero e consapevole.